Damasco, 20 novembre 2014 – Dai recenti dati ufficiali della Dogana turca, il traffico commerciale export verso la Siria cresce, raggiungendo, nei primi 9 mesi dell’anno, il suo picco massimo in settembre con 1,3 miliardi di dollari in beni e prodotti. Nota di colore, la quota principale è stata costituita della nota bevanda Red Bull per un valore esportato di $800 milioni di lattine, mentre la vivacità commerciale complessiva è sostenuta anche da diverse imprese produttive, che allo scoppio dei primi disordini hanno trasferito le loro produzioni domestiche in Turchia.
Come riportato da diverse fonti internazionali, tra cui Bloomberg, le imprese di autotrasporto turche compiono diversi viaggi al giorno varcando di poche miglia i confini controllati da due forze contrapposte, il Free Syrian Army dell’Isis (nota anche come Isil o Stato Islamico) e dal Fronte islamico, dove in punti convenuti le merci vengono trasbordate su un camion siriani e portate verso destinazioni sconosciute. Le sanzioni economiche della Turchia contro il Governo siriano alouita della minoranza sciita di Bashar al-Assad, non riguardano lo scambio commerciale. In tutti i casi, Damasco ha perso il controllo di gran parte del confine con la Turchia (che confina anche con Iran ed Iraq), e versa in uno profondo buio finanziario ed economico, nonostante la linea di credito iraniana.
Secondo Frontex, nei primi 8 mesi del 2014, più di 20.000 rifugiati sono passati illegalmente attraverso la Turchia, un ponte per l’esodo verso l’Europa, via terra per Grecia e Bulgaria o su imbarcazioni per Grecia, Cipro e Italia.
In un’intervista a BuzzFeed News, che ha suscitato molte polemiche internazionali, un trafficante di persone, protetto dall’anonimato, ha parlato di infiltrazione di terroristi tra i rifugiati. Da quando nel marzo 2011 è scoppiata la guerra civile in Siria, costata finora circa 200.000 morti, milioni di fuggitivi e più di un milione di rifugiati, il trafficante svolge la sua “missione umanitaria”, come egli stesso la definisce, per 2.500 dollari a persona, trasferendo via mare i clandestini dalla Turchia verso la Grecia; ma nell’estate per la prima volta, dietro lauto compenso, ha anche confuso tra i rifugiati oltre 10 uomini iracheni e siriani dell’Isis. Le autorità internazionali hanno definito queste dichiarazioni false, non essendo corroborate da alcuna evidenza e peraltro troppo rischiose e complicate per una pianificazione terrorista. Piuttosto, ciò che preoccupa fortemente sono i circa 3000 europei passati, ferocemente, all’Isis e che legalmente possono raggiungere in ogni momento qualsiasi punto dell’Europa.
Lo Stato Islamico diretto dagli estremisti sunniti si sta estendendo a macchia d’olio e, da fonti ufficiali curde, attualmente controlla 1/3 della Siria ed 1/3 dell’Iraq, equivalenti a 10-12 milioni di abitanti su un’estensione di 250.000 kmq, pari a quella della GB. In alcune aree dell’Arabia Saudita sta pericolosamente raccogliendo molti simpatizzanti, mentre si sono registrate alcune infiltrazioni nel complesso mondo tribale libico. Recentemente Abu Bakr al-Baghdadi, leader Isis, ha verbalmente esteso il califfato dello Stato Islamico anche in Yemen, Marocco, Tunisia, Algeria e Sinai egiziano.
In Siria l’Isis controlla il 60% dei campi estrattivi, con cui sta sostenendo il bisogno energetico interno, soprattutto bellico, e sta assicurando l’afflusso continuo di denaro cash nelle proprie casse. Infatti, tutta l’eccedenza petrolifera è venduta sul mercato nero, a prezzi scontati del 50% rispetto alla quotazione Brent, ad una vera e propria catena di intermediari, che rivendono il greggio prevalentemente in Turchia. I ricavi per lo Stato Islamico sono stati calcolati intorno a 1 milione di dollari al giorno ($440 milioni all’anno – stima della societò di consulenza IHS), che stanno alimentando l’efficienza e l’estensione militare delle sue forze (Isis recluta i militari alla megapaga di 400$ al mese), ma anche le politiche educative della popolazione civile verso il modello Isis. Recentemente, il dipartimento del tesoro dello Stato Islamico ha annunciato l’intenzione di creare un sistema finanziario ufficiale e coniare una propria moneta, di valuta libera “dalla tirannia del sistema monetario imposto ai mussulmani”. Finora il califfato utilizza per le proprie transazioni commerciali il dinaro iracheno, il pound siriano o il dollaro statunitense. Intanto, sta allargando il controllo nelle regioni siriane di produzione gassifera tra Homs e Palmyra.
Nonostante i reteirati bombardamenti occidentali su campi e raffinerie sotto controllo Isis, che hanno ridotto la capacità produttiva di almeno un terzo, l’Agenzia internazionale dell’Energia (IEA) ha stimato la produzione sopravvissuta a circa 20.000 barili al giorno. La maggior parte del crudo prodotto nei territori controllati dall’Isis, che sempre più si sta conformando come un vero e proprio impero petrolifero, è venduto con innumerevoli transazioni su piccola scala e trasportato via camion lungo rotte di difficile intercettazione sui confini turchi, giordani e iracheni.
Giovanna Visco
(giovannavisco.blogspot.it)