MARINA MILITARE: ENNESIMO BRILLAMENTO DI RESIDUATI BELLICI RINVENTI NEL PORTO DI NAPOLI

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Proprio in considerazione dell’intensa attività di bonifica dei litorali del Tirreno centrale e meridionale, la Marina Militare sta valutando l’opportunità di dislocare permanentemente a Napoli un Nucleo S.D.A.I. autonomo.

 Napoli, 11 dicembre 2015 – Prosegue incessante l’attività di individuazione, rimozione e brillamento di ordigni bellici della seconda guerra mondiale rinvenuti nel porto di Napoli da parte dei palombari della Marina Militare. Nei giorni scorsi, la ditta SOGELMA impegnata nei rilievi del fondale marino dello scalo partenopeo propedeutici al dragaggio del fondo, ha segnalato alle competenti autorità locali la presenza di possibili ordigni inesplosi in tre distinte aree del porto: nei pressi del molo San Vincenzo, sia all’altezza dell’eliporto dove stazionano gli aliscafi non impegnati nei collegamenti, sia nei pressi dell’imboccatura dell’antico Bacino da Raddobbo, e nelle immediate vicinanze del molo Angioino, dove abitualmente attraccano le grandi navi da crociera.

Conseguentemente, la Prefettura di Napoli ha richiesto alla Marina Militare l’immediato intervento del “Nucleo S.D.A.I.” (Sminamento Difesa Antimezzi Insidiosi) di Taranto. I team di palombari della Marina Militare è giunto a Napoli nella serata dello scorso martedì 8 dicembre e nella prima mattina del giorno successivo ha dato inizio ad una attenta ricognizione subacquea della zona durata ben 6 ore ininterrotte e condotta da 4 operatori. Durante la perlustrazione sono stati rinvenuti tre proiettili di grosso calibro da 155 mm. ed una bomba da mortaio per un totale di circa 80 Kg di materiale esplodente. Per il particolare stato in cui si presentavano i predetti residuati bellici, è stato necessario interdire l’attracco ai transatlantici ad una parte del molo Angioino per tutta la giornata di giovedì 10 dicembre.

Nella mattinata dell’11 dicembre, quindi, con le opportune precauzioni si è provveduto a radunare sott’acqua tutto il materiale rinvenuto, operazione che ha richiesto molte ore di lavoro da parte di tutto il team di palombari. Infatti, per motivi di sicurezza, non è possibile portare fuori dall’acqua quanto rinvenuto né provvedere al disinnesco come abitualmente si usa fare per i rinvenimenti di residuati bellici a terra e, necessariamente, occorre procedere alla distruzione del materiale attraverso il suo brillamento.

Pertanto, imbragati gli ordigni e mantenuti in sospensione a circa 5 metri dal pelo dell’acqua attraverso l’uso di appositi galleggianti, con l’ausilio di un natante si è proceduti a trasportarli a circa 2 miglia al largo del porto, in un’area per l’occasione interdetta alla navigazione ed alla pesca. A questo punto, ha avuto inizio l’ultima fase dell’operazione di bonifica. Un subacqueo della Marina Militare si è immerso ed ha sistemato accanto ai residuati bellici da distruggere una “controcarica” di esplosivo al plastico di circa 5 kg. collegandola con cavi elettrici ad un detonatore posto sul barca appoggio, ferma a distanza di sicurezza. Verificata l’assenza di banchi di pesce in zona attraverso l’uso dell’ecoscandaglio, il Tenente di Vascello Mirko Leonzio, Comandante del Nucleo S.D.A.I. di Taranto, ha eseguito il classico “conto alla rovescia” ed alle ora 11:18 è avvenuto il brillamento di quanto rinvenuto.

Il prezioso lavoro dei Nuclei S.D.A.I. del Gruppo Operativo Subacquei di COM.SUB.IN della Marina Militare prosegue ininterrottamente da oltre sessant’anni, in tutta Italia, e grazie alla loro alta professionalità e perizia tecnica sono in grado di garantire interventi rapidi e risolutivi, limitando al minimo indispensabile il blocco della attività marittime, soprattutto quando le aree interessate dalla bonifica sono interne ai porti nazionali. A mero titolo di esempio, solo il Nucleo S.D.A.I. di Taranto, dal 1° di gennaio di quest’anno ad oggi, nella propria area di competenza (litorali campano, calabrese e pugliese) ha eseguito poco più di 70 interventi di bonifica, procedendo alla neutralizzazione di oltre 4 tonnellate di residuati bellici la cui pericolosità, ad oltre 70 anni dalla fine della guerra, è altissima a causa dell’ossidazione di spolette ed inneschi.


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