Occorre interconnettere i paesi del Mediterraneo
In occasione del secondo forum nazionale sulla Portualità e la Logistica, che si terrà dopodomani a Livorno, abbiamo intervistato per la rivista a cura dell’Autorità di Sistema Portuale dell’Alto Tirreno, Port News, il presidente di Ram, Antonio Cancian.
Presidente, il 5 aprile avrà sede a Livorno il 2° Forum Nazionale sulla Portualità e la Logistica. Quali sono i traguardi che vi siete prefissati di raggiungere con questo evento? E perché avete deciso di promuoverlo a Livorno?
R. - Dopo Bari, nel 2016 sede del 1° Forum, quest’anno “capitale per un giorno” di portualità e logistica sarà Livorno, uno dei più importanti scali della nostra Penisola e dell’intero Mediterraneo. Il Forum di Livorno sarà l’occasione per guardare oltre i confini nazionali e discutere su come, anche grazie alle recenti riforme intervenute, la portualità e la logistica del nostro Paese possono affrontare al meglio le nuove sfide globali in un settore in rapida trasformazione.
Dal Forum deve emergere, forte e chiaro, l’invito al sistema a ‘fare rete’; parola chiave dei lavori sarà “interconnettere”, con reti e progetti, da intendere in maniera duale, all’interno e all’esterno. Sia sotto il profilo europeo che livello nazionale, questo significa collegando all’interno Stati e Regioni e collegando all’esterno l’Europa, e l’Italia in particolare, con il resto del mondo.
Il nostro obiettivo sul Mediterraneo è interconnettere i Paesi che si affacciano fra questo mare, ma anche collegare il Mediterraneo stesso con altri centri economici in evoluzione. Penso, in particolare, ai Paesi in via di sviluppo, al Mar Nero, al Mar Caspio, al Golfo Persico e, di più, a Cuba, che ha visto la recente apertura al mercato. Per chi opera nel settore dei trasporti e della logistica, fare rete è uno strumento imprescindibile per la crescita.
D. – Il Sistema Mare italiano si trova ad affrontare importanti sfide europee e mondiali: il raddoppio del Canale di Suez, la Nuova Via della Seta, l’apertura del tunnel ferroviario del San Gottardo, il fenomeno del gigantismo navale e l’Internet delle Cose. Qual è la prospettiva di visione che deve avere l’Italia per uscire vincente da queste sfide?
R. - Per uscire vincente dalle sfide che giungono dal contesto internazionale, l’Italia deve mettere in atto una progettazione integrata, sia dal punto di vista della territorialità – con i luoghi e i Paesi, come detto in precedenza – sia dal punto di vista economico-finanziario, attraverso il blending di diverse forme di finanziamento che tengano conto di grant, loan e guarrantees disponibili, per la definizione dei Business Plan dei progetti. Altro requisito è la sostenibilità del progetto, dal punto vista tecnico-economico, finanziario, sociale.
Inoltre, per rispondere a queste sfide il nostro Paese deve mettere in atto politiche di sistema, per uno sviluppo infrastrutturale che comprenda ogni elemento, dalla banchina all’entroterra. In tal modo sarà possibile che l’Italia si riaffermi come un bacino fondamentale dei traffici marittimi, la naturale piattaforma logistica e nodo centrale per i traffici da e per l’Europa.
Il mare è tra i più importanti asset del capitale del Paese: secondo Unioncamere, nel 2015 la produzione delle attività legate all’economia del mare è arrivata a quasi 43 miliardi di euro di valore aggiunto prodotto, pari al 3,5% del totale dell’economia nazionale – e per questo è necessario comprenderne appieno e valorizzarne le potenzialità di sviluppo socio-economico. Penso, in particolare, al Mezzogiorno, per cui questo settore è particolarmente rilevante come driver per lo sviluppo economico e occupazionale.
D. – La ‘Nuova Via della Seta’ che collegherà la Cina all’Europa sarà uno dei più grandi ponti tra Oriente e Occidente. Qual è l’atteggiamento che l’Italia deve avere nei confronti di questa nuova opportunità? Ulteriore domanda (o provocazione): si tratta di una vera opportunità per l’Italia?
R. - Nell’ambito della Nuova Via della Seta, come sostiene il Ministro, l’Italia deve candidarsi a essere porta di ingresso e di uscita per l’Europa e “cerniera tra Europa occidentale e orientale”. Il nostro paese è una grande piattaforma logistica naturale nel Mediterraneo: in tale cornice, i nostri porti possono offrire alla Cina l’attuazione della strategia “One Belt One Road” sia sul versante marittimo sia su quello ferroviario.
A maggio ci sarà in Italia una conferenza sul tema connettività tra EU e Cina che sarà l’occasione anche per discutere delle prospettive future.
Questo è un obiettivo che deve essere agganciato, perché il sistema della portualità e della logistica continui a far parte delle supply chain, da cui non possiamo restare esclusi.
D. – C’è chi, come il professor Sergio Bologna, ritiene che i porti italiani non potranno che porsi in posizione “ancillare rispetto agli scali concorrenti del Nord Europa”. Come a dire: inutile pensare di fargli concorrenza. Lei che idea si è fatta a tal riguardo?
R. - La vera sfida da vincere, per non restare in posizione ancillare, è invertire la rotta delle merci lungo i corridoi verticali, in particolare il corridoio Genova-Rotterdam: non più un flusso da nord a sud, ma un flusso da sud – dai porti della nostra Penisola – a nord.
Detto questo, dico anche che chi saprà sfruttare al meglio il Gottardo avrà vinto la partita della portualità e logistica europea. Se infatti è vero che il Gottardo potrebbe rappresentare l’infrastruttura “privilegiata” per il rafforzamento della catchment area meridionale dei porti del Northern Range, al tempo stesso tale infrastruttura costituirà un corridoio essenziale per l’allargamento della nostra area contendibile. In tal senso, il Gottardo esattamente come il Brennero o la Torino-Lione saranno strumenti di penetrazione fondamentale verso i mercati di riferimento dei nostri porti gateway. Tali strumenti, da soli non sufficienti, devono essere accompagnati da interventi tesi a efficientare i nostri scali tra cui, in primis, il miglioramento delle connessioni ultimo miglio e dell’accessibilità marittima, e migliorare dunque l’offerta, in generale.
D. – La strategia dell’UE in materia dei trasporti si incentra soprattutto sull’implementazione della Rete TEN-T e su altre priorità orizzontali di cui le Autostrade del Mare rappresentano la dimensione marittima. RAM nel 2015 ha avviato una concreta partnership e collaborazione con l’Unione per il Mediterraneo (Union for the Mediterranean – UfM) per sostenere l’iniziativa Autostrade del Mare. Quali passi concreti sono stati fatti in direzione del miglioramento delle condizioni di trasporto nell’EU Meridionale (Spagna, Italia, Francia, Malta e Portogallo) e del Maghreb (Algeria, Libia, Mauritiana e Tunisia)?
R. - RAM segue con attenzione l’iniziativa dell’Unione per il Mediterraneo (UfM/MoS) sin dal suo avvio. Abbiamo sostenuto come MIT alcuni progetti, tra cui quello più significativo riguarda la MoS Turchia-Italia-Tunisia, che vede il coinvolgimento dei porti pugliesi, e che ha ricevuto il label da parte dei 43 Paesi aderenti durante le riunioni dei Senior Officials a Barcellona (Novembre 2016), per i quali deve essere costruito il financial framework volto a individuare le risorse finanziare per garantirne la realizzazione.
Altre due iniziative MoS che RAM ha seguito e sostenuto, che sono in attesa di ricevere il label UfM e toccano proprio il porto ospite di questo Forum, riguardano rispettivamente i collegamenti Interporto di Bologna-Livorno-Palermo-Tunisi e Livorno-Alessandria D’Egitto.
La conoscenza dei progetti e degli attori che operano sul Mediterraneo e la sinergia che ne consegue sono fondamentali, e questo ne è un tipico esempio.
R. – In Italia il 56,5% della merce è trasportato su strada, mentre la media europea è del 45%. La Commissione Europea impone che entro il 2030 il 30% del trasporto merci su gomma passi ad altri modi di trasporto come la ferrovia e le vie navigabili interne; entro il 2050 più del 50%. Ce la faremo? Che partita può giocare l’Italia?
R. - L’Italia è già in partita e ce la può fare. Il Ministro ha a cuore non solo la ‘cura dell’acqua’, ma anche, in riferimento all’intermodalità, la ‘cura del ferro’, e con gli investimenti in corso siamo già in forte recupero rispetto agli obiettivi.
Forti dell’esperienza maturata con gli incentivi Ecobonus e Ferrobonus, siamo pronti a partire con le nuove formule di Marebonus e Ferrobonus per il sostegno dell’intermodalità: entrambi gli incentivi hanno avuto il via libera della Commissione Europea alla fine del 2016 e si è in attesa.. della pubblicazione dei decreti attuativi sulla Gazzetta Ufficiale.
I risultati attesi sono significativi: secondo una stima prudenziale il solo Marebonus sottrarrà dalla rete stradale ogni anno un target di unità di carico equivalenti a oltre 800.000 camion.
Tutto questo in attesa che la partita si giochi ‘in campo europeo’, con l’introduzione di un Eurobonus, per la quale RAM ha presentato insieme ad altri Paesi europei del Mediterraneo una proposta CEF: il Mediterraneo è un mare europeo, ed è giusto che anche l’Europa – se vuole una ‘cura dell’acqua’ – incentivi il trasporto marittimo e fluviale.
D. – Parliamo di un tema a lei caro: quelle delle risorse. Un mese fa cinquanta economisti italiani hanno inviato al Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti un appello volto a sensibilizzare il Governo sulla necessità di sostenere la programmazione e la realizzazione di grandi opere infrastrutturali con rigorose analisi tecnico-economiche che giustifichino il sacrificio di risorse pubbliche necessario. Ritiene che, sul lato portuale, la riforma della 84/94 superi questo problema?
R. - La riforma della 84/94, introducendo il concetto di Sistema Portuale e razionalizzando a 15 Autorità di Sistema Portuale, spinge fortemente e ragionare in ottica di coordinamento e integrazione, evitando lo spreco di risorse. La palla ora passa al territorio, che dovrebbe avere lungimiranza per far sì che le aree integrate possano trovare, nell’ambito dei tavoli già avviati dal Ministero, soluzioni e sinergie condivise: un’azione e una progettazione sinergica che comprenderebbe entità solide, paragonabili ad altre realtà del Nord Europa.
Un altro, significativo contributo per la definizione di una progettualità intelligente viene dal nuovo Codice degli Appalti, che disciplina e chiarisce la progettazione di fattibilità tecnico-economica in fase di project review e nuovi progetti.
Una configurazione che permette al sistema di aprirsi al mercato, perché una progettazione di valore genera altri investimenti, pubblici, privati e in PPP.
D. – Oggi giorno sono a disposizione sempre meno grant (sia a livello nazionale che europeo) per finanziare opere infrastrutturali ritenute rilevanti, ma senza una decisa infrastrutturazione del sistema paese non si va avanti. Come se ne esce?
R. - La mancanza di risorse è un falso problema: i fondi per lo sviluppo della portualità e della logistica sono disponibili, se si sanno individuare, intercettare e ‘incrociare’ fra loro. In più, mi preme sottolineare come non sia il grant – il ‘regalo’, a volte limitato al 10/15% – a far funzionare un progetto, se non nelle Regioni Obiettivo Convergenza, ma la sostenibilità del progetto stesso, che permette agli operatori – pubblici o privati che siano – di definire il proprio Business Plan.
Infatti, l’iniziativa viene sicuramente avviata se vi è la disponibilità importante di prestiti e garanzie pluriennali. RAM in questo caso stimola e supporta il territorio per avviare società di progetto attraverso new.co, attorno a dei progetti ritenuti prioritari, e costruire i relativi Business Plan reperendo fondi anche grazie al blending di diverse fonti di finanziamento pubbliche e/o private. Attraverso questo meccanismo, il finanziamento delle opere può essere assicurato, ad esempio, attraverso il matching di risorse, internazionali, europee, nazionali e regionali, a fondo perduto a gestione diretta e indiretta, degli strumenti finanziari innovativi, dei prestiti dei principali istituti finanziari come BEI, ecc., a cui agganciare eventuali garanzie tipo PBI e LGTT e, da ultimo, quelle previste dal Fondo Juncker.
D. – Il Partenariato Pubblico-Privato in Italia è una via sempre percorribile?
Certo, non è solo percorribile ma anche necessaria per la progettualità integrata del nostro sistema portuale e logistico. Le partnership tra pubblico e privato funzionano se i ruoli sono definiti con chiarezza; il proponente deve essere prevalentemente chi ha l’idea progettuale sostenibile e chi dimostra la capacità di gestirlo negli anni di concessione successiva. Questi sono requisiti fondamentali per il funzionamento di queste soluzioni che, se messe in atto secondo tali criteri, a volte possono forse essere l’unica strada percorribile. I progetti sostenibili attraggono sempre investimenti.