LETTERA APERTA ANCORA SUI MARITTIMI ITALIANI

5ff21327-8e3d-4a79-891d-5d8bbdde3425

Roma, 12 giugno 2017 – L’attuale legge 30/98 in quasi 20 anni ha creato tanti posti di lavoro più di 40.000, di cui almeno più di 30.000 marittimi italiani ed ha fatto balzare la marineria italiana da poche unità a più di 700 navi sotto la bandiera italiana.
Si può fare di più? Certamente si, e per farlo non siamo contrari a modifiche di legge migliorative o in extremis a una nuova legge, soluzione questa sulla quale abbiamo espresso alcuni dubbi, perché ci preoccupano i 30.000 italiani che oggi sono garantiti dall’attuale legge e che si trovano in bandiera italiana.
Infatti, cambiando con l’accetta un quadro legislativo che comporta l’uscita di alcuni armatori dal nostro registro internazionale per un’altra bandiera estera cosa succederebbe a molti di questi lavoratori? Chi li imbarcherà? Progettare nuova occupazione è un atto di responsabilità che deve coinvolgere tutti, imprese, sindacato e governo, e certo non può avere come premessa la determinazione di condizioni che producono disoccupazione.
Non è con leggi protezionistiche e per giunta nemmeno concertate con tutti i principali attori nazionali, che si vince la competizione tra imprese, oltretutto in uno dei principali settori più internazionalizzati dell’economia italiana, europea e mondiale. Questo non lo dice il sindacato, ma è dimostrato ampiamente dai comportamenti di tutte le principali economie mondiali, e d’altra parte neppure l’Unione Europea ce lo permetterebbe.
Per queste ragioni di tutela, di difesa e di sviluppo del lavoro marittimo italiano siamo convinti che occorra grande senso di responsabilità, mettendoci tutti a sedere per trovare soluzioni condivise, che potrebbero successivamente anche trovare il recepimento legislativo.
Senza una condivisione delle regole, in un mercato fortemente liberista come quello marittimo, contraddistinto da una grande dinamica varietà di tipologie differenti di navi e di trasporto con differenti caratteristiche commerciali e competitive, non ci potranno mai essere soluzioni al problema dell’occupazione e del lavoro a bordo degli equipaggi.
Noi abbiamo evidenziato già alcune proposte e le stiamo già esponendo ai tavoli istituzionali e datoriali. Proposte che tengono anche conto non solo della occupazione dei marittimi ma anche della sua qualità. Sono troppe le segnalazioni che riceviamo, e senza distinzione di società, sugli eccessivi carichi di lavoro che delineano vere e proprie forme di sfruttamento incontrollato a bordo delle navi.
Infine, ci rendiamo anche conto che ognuno deve fare il proprio ruolo. E’ naturale che un datore di lavoro abbia una visione dei problemi del lavoro strettamente collegata alle opportunità e alle esigenze di profitto. Per questo esiste il sindacato, che in Italia ha una lunga storia di lotta e di difesa democratica del lavoro. Esiste perché i lavoratori comprendono e vogliono che il lavoro sia valutato dal punto punto di vista concreto di chi poi realizza con il proprio lavoro l’impresa della proprietà, senza benevolenze stucchevolmente caritatevoli o populistiche, ma con argomenti e fatti oggettivi di reale tutela e garanzia della dignità dei lavoratori.
Per quanto poi riguarda i contributi sindacali, il sindacato non riceve oboli o elargizioni da soggetti datoriali né è pagato da alcuno. I contributi sono trasparenti e previsti dallo Statuto dei lavoratori e dalle leggi specifiche in materia, per garantire l’esistenza e l’indipendenza del Sindacato dai datori di lavoro e dai gruppi di interesse, i diritti del lavoro di chi già ce l’ha e di chi lo avrà, e le basi della democrazia di questo Paese.
Purtroppo dobbiamo constatare che ormai da molto tempo il signor Vincenzo Onorato mostra un’accanita abitudine ad attaccare il sindacato in tutti i modi, come fosse una sorta di zimbello e non il rappresentante di migliaia di lavoratori, incluso molti suoi dipendenti. Non da ultimo, quando Uiltrasporti, alla vigilia dell’acquisizione da parte del suo gruppo di Tirrenia, sollevò il problema
di una configurazione monopolistica nel settore traghetti per il collegamento con le grandi isole, egli non esitò a denunciare la Federazione dei trasporti della Uil per diffamazione. Ma il tribunale diede piena ragione e soddisfazione alla Uiltrasporti, confermando le preoccupazioni di concentrazione di mercato del sindacato.
Attualmente a distanza di pochi anni, la situazione dei collegamenti con le isole è mutata per una maggiore presenza di più operatori sulle stesse tratte. Ciò deve portare conseguentemente lo Stato a riflettere se siano ancora necessari i 72 milioni che annualmente contribuisce alla società Tirrenia per la continuità territoriale.
Da ora, da parte nostra intendiamo spegnere ogni inutile ed improduttiva polemica. A noi interessa il buon lavoro e lo sviluppo occupazionale sulle navi dei nostri marittimi. Per questo, ancora una volta e non ci stancheremo di continuare a farlo, rinnoviamo l’invito ad abbassare i toni e discutere tutti intorno ad un tavolo.

PUBLISHING & SERVICES s.r.l.s. - P.IVA 09085371210 - Tutti i diritti sono riservati ®