Un altro esempio di come si garantisce in Italia il livello competitivo delle attività portuali…

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Laura Lombardini
Associate, Milano

 

Milano, 26 ottobre 2017 -  Due recenti notizie la dicono lunga in materia di sensibilità competitiva dei porti italiani rispetto a quelli europei.
Mentre la Commissione Europea chiede a Francia e Belgio di abolire le esenzioni fiscali concesse in ambito portuale, infatti, in Italia la Corte di Cassazione si pronuncia a favore dell’applicabilità
dell’IMU alle aree demaniali assentite in concessione ai terminalisti.
La Commissione Europea ha chiesto a Francia e Belgio di porre fine al regime di esenzione fiscale (ossia esenzioni dall’imposta sui redditi d’impresa) che favoriva le imprese portuali rispetto alle altre tipologie di imprese.
La Commissione Europea, infatti, ha ritenuto tali esenzioni un aiuto di stato illegittimo ai sensi dell’art. 107 TFUE4.
Più precisamente, il Belgio prevede che tutti i porti marittimi e fluviali siano esentati dal rispettivo regime generale nazionale delle imposte sul reddito di impresa. Difatti, le imprese che operano in
tali porti sono soggette ad un diverso regime fiscale, più basso e quindi più favorevole, rispetto a quello imposto nei confronti delle imprese operanti in altri settori.
Analogamente, numerosi porti francesi (tra cui gli undici maggiori porti marittimi) sono interamente esentati dal pagamento della tassazione relativa al reddito d’impresa.
Al termine della procedura d’indagine formale, la Commissione Europea ha quindi concluso ritenendo le normative in esame forme peculiari di aiuti di Stato, poiché le esenzioni concesse dal Belgio e dalla Francia distorcerebbero la concorrenza tra gli Stati membri, costituendo quindi un aiuto incompatibile.
Le autorità belghe e francesi sono state quindi invitate dalla Commissione Europea a modificare tali previsioni prima della fine del 2017, affinché anche gli operatori portuali siano inclusi nell’ambito delle leggi fiscali nazionali di carattere generale5.
4 Ai sensi dell’articolo 107 TFUE: “Salvo deroghe contemplate dai trattati, sono incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza”.
La Suprema Corte italiana6 si è di recente espressa sul tema dell’IMU7 nei porti, statuendo che i concessionari dei beni demaniali portuali debbano essere assoggettati al pagamento di tale tributo
per l’utilizzo delle aree scoperte.
In precedenza, alcune pronunce dei giudici italiani8 avevano affermato le aree portuali scoperte, in quanto demaniali, ancorché date in concessione, dovessero ritenersi come aree doganali, utilizzate
per la movimentazione e il deposito delle merci e ciò ne avrebbe configurato un utilizzo a fini di pubblica utilità, che le avrebbe esonerate dall’assoggettabilità al tributo.
La legge n. 286/2006 non aveva risolto completamente il problema, introducendo il concetto che l’esenzione dall’imposta in esame era riservata alle sole unità immobiliari strumentali
all’espletamento di un’attività qualificabile come pubblico servizio. Ne è conseguita l’applicabilità dell’IMU per i terminalisti merci e l’esenzione per i terminalisti passeggeri.
Dalla lettura della sentenza della Corte di Cassazione emerge come vane siano state le lamentele dei terminalisti, i quali avevano evidenziato di pagare già un canone per tali aree, che risultano
funzionali allo svolgimento di un’attività la quale – attraverso i traffici – consente allo stato d’incassare ingenti somme a titolo, per esempio, di tasse portuali e tasse di ancoraggio.
Considerate le due notizie, non può che notarsi come in Italia il legislatore fiscale e la relativa giurisprudenza tendano a massimizzare l’imposizione fiscale, rendendo più oneroso l’esercizio delle
attività portuali, mentre l’approccio di altri paesi è completamente diverso, avendo questi addirittura mantenuto per anni regimi di esenzione fiscale per le attività portuali (fino a quando la Commissione Europa non è intervenuta per vietarli).
Da questa incredibile differenza di sensibilità promanano le note carenze di competitività che affliggono le imprese portuali italiane rispetto ai loro competitor europei.

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