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2000 scienziati e 49 istituzioni impegnate a studiare e preservare gli ecosistemi e la biodiversità del nostro Paese
Con NBFC parte dall’Italia un messaggio concreto per promuovere la gestione sostenibile della biodiversità, che svolge un ruolo cruciale nel funzionamento di tutti gli ecosistemi del Pianeta ed è alla base della vita sulla Terra, con un impatto diretto sul benessere della collettività e del singolo
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La varietà biologica in tutte le sue forme, dai microbi alle piante e agli animali, fino alla specie umana con le sue diversità culturali, è nel Mediterraneo – e in particolare in Italia – un patrimonio ancor più prezioso, visto che nel nostro Paese è concentrata una diversità biologica tra le più significative di tutta l’Europa, con 60.000 specie animali, 10.000 piante vascolari e oltre 130 ecosistemi (dati Ispra).
Per studiare e tutelare questa ricchezza – la cui protezione ora è sancita anche dall’articolo 9 della Costituzione italiana, modificato nel febbraio 2022 proprio per includervi il riferimento al concetto di biodiversità, unitamente alla nuova formulazione dell’articolo 41 circa la tutela della salute e dell’ambiente – nasce NBFC, il primo Centro nazionale di ricerca dedicato alla biodiversità, coordinato dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR).
Istituito e finanziato dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), NBFC è uno dei cinque centri nazionali dedicati alla ricerca di frontiera. Promosso dal Cnr insieme a 49 partner, tra università, centri di ricerca, fondazioni e imprese, ha la sua sede centrale a Palermo.
Per questo progetto è previsto un finanziamento di 320 milioni di euro per tre anni, dal 2023 al 2025, e il coinvolgimento di 2000 ricercatori, la metà dei quali sono donne. I bandi rivolti all’esterno del network coinvolgeranno poi una moltitudine di altri soggetti, nel segno della massima inclusività.
«Il National Biodiversity Future Center coordinato dal Cnr, contribuisce a monitorare, preservare e ripristinare gli ecosistemi terrestri, marini e urbani della Penisola e del Mediterraneo, aiutando a valorizzare la biodiversità e a renderla un elemento centrale su cui fondare lo sviluppo sostenibile ̶ dichiara la Presidente del Consiglio nazionale delle ricerche, Maria Chiara Carrozza. Un’attività che assume una rilevanza strategica nell’ottica di contribuire a raggiungere i traguardi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile, in particolare per quanto riguarda la riduzione della perdita di biodiversità e la conservazione, il ripristino e il corretto utilizzo degli ecosistemi».
«NBFC è stato concepito seguendo il modello Hub & Spoke, un sistema di gestione e sviluppo delle reti nel quale le connessioni si realizzano – usando per analogia un’espressione riferita alla ruota della bicicletta – dallo spoke (raggio) verso l’hub (perno centrale) e viceversa ̶ afferma il Presidente di NBFC, Luigi Fiorentino. Dall’hub centrale, con sede presso l’Università degli Studi di Palermo, si dipartono così 8 raggi (spoke) dedicati alle problematiche legate al mare, alla terra e acqua dolce, alle aree urbane e alle ricadute sulla società, ciascuno dei quali comprende diversi partner affiliati (università, enti pubblici di ricerca e società private). Ogni area di interesse prevede due nodi incaricati del monitoraggio dell’ambiente e dello studio di soluzioni, affidate al Cnr e alle più prestigiose Università italiane».
Una grande comunità che metterà a sistema tutte le ricerche italiane sulla biodiversità e le istituzioni già impegnate sul territorio (parchi, riserve, aree marine protette, associazioni ambientaliste, comunità e reti locali), rendendole un obiettivo strategico del Paese e lasciando in eredità, nel 2026, progetti che possano proseguire autonomamente. Attraverso questa rete nazionale estesa di università, centri di ricerca, associazioni e altri soggetti privati e sociali, il Consorzio avrà la possibilità di intraprendere azioni concrete, efficaci e immediate per arrestare la perdita di biodiversità, contribuendo a perseguire l’obiettivo di proteggere il 30% del territorio italiano entro il 2030, come chiede l’Unione Europea, e promuovendo, nella scienza e nella politica, i processi di conservazione, ripristino e valorizzazione nella biodiversità. Saranno create reti di collegamento tra la comunità scientifica, le amministrazioni nazionali e locali, il mondo imprenditoriale e i territori. Saranno sviluppate nuove tecnologie per migliorare la ricerca, creando nuove opportunità di lavoro e formando, come prevede il Pnrr, una nuova classe di ricercatori, cioè gli scienziati di domani.
Come eredità principale dell’NBFC, sarà istituito il Biodiversity Science Gateway: una grande infrastruttura virtuale, che si appoggerà ad alcune sedi fisiche in Italia e alla nave oceanografica “Gaia Blu” del Cnr, con il compito di trasformare la ricerca scientifica in conoscenza diffusa e in realtà aziendali innovative: una struttura che sarà al tempo stesso uno strumento per l’educazione e l’innovazione e un luogo nel quale condividere risultati di ricerca con la società e il mercato. Tutti i dati scientifici raccolti dal NBFC, e organizzati attorno a 4 piattaforme tematiche, saranno infatti resi disponibili alla comunità scientifica in open access. Tra i compiti di questo portale c’è quello di sensibilizzare sul problema della biodiversità a livello planetario, nell’area mediterranea e sul territorio italiano, ma anche raccontare storie emblematiche e specifiche del territorio, offrire consulenze, sfruttare le biodiversità in modo sostenibile e utilizzare concretamente tutto ciò che sarà prodotto dagli spoke del NBFC nei prossimi tre anni, con l’obiettivo di riuscire ad autofinanziarsi e autosostenersi.
GLI SPOKE DI NBFC
Mare
Lo spoke numero 1, affidato alla leadership di Gianluca Sarà, professore di Ecologia all’Università di Palermo, e Simonetta Fraschetti, professoressa di Ecologia all’Università di Napoli Federico II, si occupa di azioni di mappatura e monitoraggio per preservare la biodiversità e il funzionamento dei sistemi marini.
Lo spoke numero 2, diretto da Gian Marco Luna, direttore dell’Istituto per le risorse biologiche e le biotecnologie marine (Irbim) del Cnr, e Mariachiara Cantore, professoressa di Ecologia all’Università di Genova, ha il compito di studiare soluzioni per invertire la perdita di biodiversità marina e gestire le risorse marine in modo sostenibile.
Terra
Della biodiversità terrestre e d’acqua dolce (spoke 3) si occupano i ricercatori coordinati da Francesco Frati, professore di Zoologia dell’Università di Siena, e Lorena Rebecchi, professoressa di Zoologia dell’Università di Modena e Reggio Emilia, con il compito di valutare e monitorare la biodiversità terrestre e d’acqua dolce e la sua evoluzione: dalla tassonomia alla genomica e alla citizen science.
Il quarto spoke è dedicato alle funzioni dell’ecosistema terrestre, ai servizi e alle soluzioni ed è diretto da Carlo Calfapietra, direttore dell’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri (Iret) del Cnr, e Donatella Spano, professoressa di Scienze e tecnologie dei sistemi arborei e forestali dell’Università di Sassari.
Ambienti urbanizzati e Salute
Allo studio della biodiversità urbana è dedicato lo spoke numero 5 diretto da Massimo Labra, professore di Biologia Vegetale dell’Università degli studi di Milano-Bicocca, e Maria Chiara Pastore, direttrice scientifica di “Forestami” del Politecnico di Milano, mentre il sesto spoke sulla biodiversità in relazione al benessere urbano, vede la leadership di Danilo Porro, direttore dell’Istituto di bioimmagini e fisiologia molecolare (Ibfm) del Cnr, e Hellas Cena, prorettore alla Terza Missione dell’Università di Pavia.
Comunicazione e Impatto
Gli ultimi due spoke sono dedicati all’impatto della biodiversità sulla società: il settimo – affidato a Telmo Pievani, professore di Filosofia delle Scienze biologiche dell’Università di Padova, e a Isabella Saggio, professoressa di Terapia Genetica all’Università La Sapienza di Roma – è dedicato a comunicazione, educazione, impatto sociale e musei naturalistici.
L’ottavo, diretto da Riccardo Coratella, responsabile dell’Unità di Valorizzazione della ricerca (Uvr) del Cnr, e Alberto Di Minin, professore di Economia e Gestione delle imprese della Scuola Superiore Sant’Anna, è indirizzato all’innovazione aperta sulla biodiversità e allo sviluppo delle tecnologie abilitanti.