La sfida dell’eolico offshore e galleggiante per fronteggiare l’impegno dell’Italia verso la Comunità europea per la transizione energetica
Pianificazione dello spazio marittimo, costi ed infrastrutture tra le principali criticità emerse al workshop organizzato dall’Università Federico II di Napoli e Seapower
L’Italia si è impegnata a produrre il 35% di tutto il fabbisogno energetico con le fonti rinnovabili entro il 2030, pena sanzioni significative da parte della Comunità Europea. In particolare, il nostro Paese dovrà produrre circa il 55% del fabbisogno nazionale di energia elettrica con fonti rinnovabili, contro l’attuale 36.8%. La percentuale maggiore delle attuali fonti rinnovabili è legata all’idroelettrico, che però non potrà vedere lo sviluppo di ulteriori impianti nel futuro. Il necessario incremento di energia rinnovabile da ora fino al 2030 pari a circa 55.000 Gwh dovrà essere, pertanto, coperto principalmente da eolico e fotovoltaico.
“La tendenza attuale è quella di ridurre il consumo di suolo agricolo per l’installazione di grandi parchi fotovoltaici, che hanno bisogno di aree estese per la produzione di energia”, spiega il Prof. Domenico Coiro, dell’Università Federico II di Napoli e Presidente Seapower. “L’eolico offshore, cioè a mare e lontano dalle coste, resta l’unica strada percorribile, visto che l’eolico a terra ha quasi saturato gli spazi disponibili e comunque non gode di grande accettazione da parte della popolazione interessata alle aree di installazione (vedi la recente opposizione della Regione Sardegna)”.
Pianificazione dello spazio marittimo, costi ed infrastrutture sono le principali criticità emerse al workshop organizzato dall’Università Federico II di Napoli e il consorzio di ricerca applicata Seapower Scrl, che ha riunito a Napoli tutti i principali attori tra cui Università, enti di ricerca, industrie, sviluppatori, aziende produttrici di componenti, operatori del settore, della logistica portuale, del settore marittimo e della pesca ed organizzazioni interessate, con l’obiettivo di contribuire alla creazione di una filiera tutta italiana per la ricerca, lo sviluppo e la produzione delle turbine eoliche galleggianti offshore.
Il workshop ha affrontato non solo le problematiche legate alle procedure autorizzative e all’impatto ambientale, ma anche le specifiche sfide dei mari italiani, caratterizzati da grandi profondità e venti medi di bassa intensità, che rendono il costo dell’energia più alto rispetto ad altri paesi europei.
A causa delle profondità, nei mari italiani è possibile prevedere solo turbine eoliche installate su grandi piattaforme galleggianti, ancorate con opportuni sistemi di ormeggio al fondo del mare. Sono, quindi, necessari circa 20 GW di nuove installazioni di eolico principalmente galleggiante ed offshore ipotizzando di coprire circa il 70% delle nuove installazioni delle rinnovabili.
Abbiamo, attualmente, 15 progetti in corso di procedura per ottenimento della VIA, per un totale di 9,6 GW e investimenti di circa 30 miliardi di euro e 75 progetti su cui è in corso la procedura di valutazione preliminare (scoping), che cumulano una potenza complessiva di 60 GW, di cui 48 già conclusi, secondo il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE), intervenuto all’incontro.
“Le sfide di questa tecnologia, non ancora matura, sono tante poiché, ad esempio, nei mari italiani, la velocità del vento medio è significativamente più bassa di quella del mare del Nord Europa e quindi i rotori delle turbine e l’altezza delle torri devono crescere per poter produrre la stessa quantità di energia che nel Nord Europa viene prodotta con rotori più piccoli e quindi con sistemi che nel complesso risultano meno costosi”, continua Coiro. “Si stima un incremento del costo delle turbine e delle loro piattaforme galleggianti pari al 65% per le installazioni nei mari italiani. Questi giganti del mare sono alti quanto la Torre Eiffel, avendo torri di oltre 110 m e rotori di diametro pari a circa 300 m, la sola piattaforma galleggiante che sostiene la torre eolica pesa circa 18.500 tonnellate”.
Per installare i 20 GW previsti, saranno necessarie circa 1300 turbine galleggianti, ognuna di potenza nominale di 15 MW. Ci sarà bisogno di infrastrutture portuali capaci di gestire la logistica per lo spostamento, l’assemblaggio ed il trasporto sul sito delle varie componenti delle turbine, ma sarà anche necessario il potenziamento della rete elettrica per il trasporto dell’energia prodotta a 20 km dalla costa, alle centrali elettriche poste a terra.
“Durante il workshop sono state evidenziate alcune criticità che andranno affrontate e risolte per poter accelerare il processo di sviluppo di questa tecnologia. Come il MASE ha evidenziato nel corso del suo intervento, tra queste va sicuramente citata l’assenza della pianificazione dello spazio marittimo, per la quale l’Italia è già sotto procedura di infrazione da parte della comunità europea”, commenta l’Ing. Francesco Lioniello, Vicepresidente Seapower. “L’altro problema emerso è legato dalla probabile incapacità di fornire, nei giusti tempi, alcuni componenti fondamentali per la realizzazione dei parchi eolici, quali, ad esempio, le sottostazioni elettriche galleggianti, per le quali non c’è uno standard assestato e comunque mancano anche normative specifiche, vista la poca maturità del settore nel suo complesso”.
Due le possibili soluzioni per fronteggiare alcuni dei problemi emersi: continuare nella creazione di una filiera tutta italiana per non perdere le opportunità in termini di occupazione e di impatto economico per il nostro Paese e creare un organismo centrale che possa fare da collante per lo sviluppo di questa nuova tecnologia.
Per poter accelerare e semplificare la procedura dell’iter autorizzativo, potremmo seguire le buone pratiche come quella della Danimarca, rappresentata all’incontro dalla sua Ambasciata in Italia, che ha illustrato la lunghissima esperienza nello sviluppo ed installazione di parchi eolici offshore. Proprio la Danimarca si è dotata di un’Agenzia Nazionale che fa da cerniera e da elemento di interfaccia tra tutti i portatori di interesse, gli sviluppatori di parchi eolici, i ministeri pubblici coinvolti, i pescatori e le comunità locali, in modo da gestire con efficienza tutto il processo, a partire da quello autorizzativo, fino a raggiungere quello delle installazioni. La Danimarca ha anche deciso, come paese, di diventare investitore diretto nei parchi eolici futuri, poiché ritiene che nel lungo termine la materia energia, con particolare riferimento a quella rinnovabile, sarà fondamentale per lo sviluppo e l’equilibrio del paese, lungimiranza che dovremmo seguire.