Atene: nuovo allarme di uno scienziato greco per il processo di distruzione armi chimiche siriane nel Mediterraneo

CAPE RAY DI POPPA

Atene, 9 febbraio 2014 – Nel processo di distruzione delle armi chimiche siriane nel Mediterraneo, che avverrà mediante idrolisi a bordo della nave statunitense Cape Ray, dovrebbe essere garantito un monitoraggio anche da parte di esperti dei paesi costieri, con particolare attenzione all’eventualità che l’acqua marina utilizzata finisca per essere riversata in mare.
A sostenerlo è Vasilis Lykousis, vicepresidente del’Hellenic Centre for Marine Research di Atene. “Ci sono molte navi con ricercatori esperti nel Mediterraneo, italiane, spagnolo e greche – ha detto Lykousis interpellato dai giornalisti – che possono compiere un monitoraggio costante”.
Il problema, ha proseguito, è conoscere nel dettaglio le modalità dell’idrolisi, e sapere se e in quali quantità l’acqua utilizzata sarà rigettata in mare. Il Centro di ricerca greco è un istituto che opera in collaborazione con altri centri europei campi dell’oceonografia, delle risorse biologiche e dei parametri ambientali. Oggi è stato visitato da un gruppo di giornalisti che partecipavano alla Conferenza sulla macroregione adriatico-ionica appena conclusasi nella capitale greca. Secondo i piani Onu-Opac, dopo il trasbordo nel porto di Gioia Tauro, 560 tonnellate di agenti chimici (in particolare gas mostarda e sarin) saranno distrutte in acque internazionali a bordo della Cape Ray, equipaggiata con due “field deployable hydrolysis systems” e sulla quale viaggeranno 35 marine e 64 esperti chimici dell’Army’s Edgewood Chemical Biological Center.

Nessuna sostanza tossica verra’ gettata in mare, hanno garantito i rappresentati dell’Opac, essendo questo proibito dalla Convenzione sulle armi chimiche. Ispettori Opac dovrebbero essere sulla Cape Ray per tutto il tempo dell’operazione.

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