Avv. Nicola Cassinelli – Export e cantieristica: quali soluzioni legali per competere nel mercato globale

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Il report annuale di The European House – Ambrosetti, presentato nei giorni scorsi a Genova, evidenzia un calo significativo delle esportazioni delle industrie navalmeccaniche della Liguria, la regione che guida la cantieristica navale e nautica italiana

 

Le cause della contrazione vanno individuate, come spiega il report, nella fine di alcune rilevanti commesse

 

Ma il dato va letto anche come un utile promemoria alle nostre imprese: in un mercato sempre più globale, non esistono rendite di posizione e per mantenere la leadership occorre partecipare alla corsa alla competitività.

Ciò significa, in primo luogo, investire nel prodotto. Anche in ambito navale e nautico, la cantieristica italiana fa della qualità il proprio fiore all’occhiello. Tecnologia, design e innovazione consentono alle nostre aziende di collocarsi nella fascia più alta del mercato, ponendosi così al riparo dalla concorrenza che proviene dai nuovi player che puntano invece sul contenimento dei costi.

In un settore delicato e strategico come quello della cantieristica, la competitività del prodotto è un elemento senz’altro necessario, ma non sempre sufficiente a garantire il successo commerciale di un investimento, specie nei rapporti con clienti stranieri.

Si tratta infatti di operazioni di valore economico particolarmente rilevante, la cui struttura necessita di una base legale solida, per garantire una adeguata tutela degli interessi dei diversi soggetti interessati dall’affare.

Nell’eterna battaglia che da sempre vede contrapposte la funzione commerciale e quella legale delle aziende, le nostre imprese possono competere nel mercato globale solo trovando un punto di equilibrio tra la necessità di raccogliere ordini e la doverosa protezione del cantiere da potenziali claim dei propri clienti, che in questo settore possono assumere proporzioni notevoli.

L’enorme quantità di variabili, insieme alla profonda diversità dei vari settori che con una definizione estremamente ampia vengono considerati parte della cantieristica navale e nautica, non consente di stilare un elenco chiuso di best practices da adottare nella negoziazione di un contratto. Vi sono però alcune cautele che, nei diversi ambiti d’interesse, è opportuno ricordare.

Frequentemente le imprese dimenticano di allineare le responsabilità assunte nei confronti dei terzi nell’esecuzione di un contratto commerciale alla copertura del relativo rischio da parte della propria polizza di assicurazione.

Tutte le aziende di medie o grandi dimensioni, e così pure quelle che operano nell’ambito della cantieristica, sono adeguatamente coperte da polizze (spesso di matrice anglosassone o nordeuropea) pensate quasi “su misura” per il singolo settore di riferimento.

Non sempre, però, nell’assumere obbligazioni nei confronti dei propri clienti, le imprese stabiliscono il limite del proprio rischio in misura coincidente a quello coperto dall’assicurazione. Una scelta assolutamente legittima, in molti casi necessaria ed infatti frequente, purché consapevole. Una scelta che non può però tradursi in un sacrificio eccessivo delle limitazioni di responsabilità opportune e doverose per evitare che una buona commessa si traduca in una esposizione sostanzialmente illimitata a pretese della controparte contrattuale, nel caso in cui l’operazione – come qualche volta purtroppo accade – non giungesse all’atteso lieto fine.

Ugualmente, quando si tratta di rapporti con consumatori (si pensi ad alcuni ambiti di attività nel settore della nautica da diporto, per esempio), è opportuno aggiornare periodicamente le proprie condizioni generali di vendita, per garantire anche in quel caso che non assumano obsolescenza rispetto ad eventuali modifiche alle coperture assicurative.

Ma se da un lato il successo di una operazione commerciale dipende anche dall’adeguatezza del livello di rischio che da tale operazione discende, dall’altro non va dimenticato che una struttura contrattuale eccessivamente rigida o protezionistica potrebbe infastidire, o ancor peggio insospettire, il potenziale cliente.

Proprio nell’individuazione di soluzioni legali solide e rassicuranti si cela una grande opportunità di competitività per le nostre imprese, che devono essere in grado di operare secondo standard riconosciuti dal mercato internazionale, senza appesantire la negoziazione (spesso complicata già sul fronte economico) con orpelli contrattuali superflui e difficilmente comprensibili ad un interlocutore estero.

A questo riguardo, fra i primi elementi di valutazione da parte dei potenziali clienti vi è sicuramente il “rischio Paese” collegato alle note statistiche in merito ai tempi necessari per la risoluzione delle controversie giudiziarie in Italia, che ci individuano stabilmente come l’ordinamento più lento dell’Unione europea.

È dunque una buona prassi, nelle transazioni con operatori economici esteri, stabilire che la risoluzione dell’eventuale controversia sia demandata ad un collegio arbitrale, meglio ancora se presso una camera arbitrale internazionalmente riconosciuta.

Non va poi dimenticato che ciascuna controparte contrattuale porta con sé il retaggio della propria legge nazionale e delle relative consuetudini, che vanno conosciute e rispettate per creare una affinità utile al fine dello sviluppo del business, diversificando l’approccio alla negoziazione anche sulla base di questi elementi.

In un mercato che, sul fronte internazionale, necessita di un vigoroso rilancio, l’ingegno italiano che ci distingue nel mondo dovrà essere supportato da uffici legali creativi, coraggiosi e proattivi, capaci di individuare soluzioni che sappiano coniugare la nostra eccellente tradizione giuridica alle sfide di un mercato sempre più orientato alla dinamicità, affinché il diritto sia davvero al servizio dell’impresa e quindi del sistema Paese di cui ciascuna azienda è parte vitale ed integrante.

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