Genova, 27 maggio 2016 – Nato nell’immediato dopoguerra, il Circolo C.A.P. dei lavoratori portuali in via Albetazzi (Circolo Autorità Portuale e Società del Porto di Genova) è un insieme di attività che, unendo generazioni e culture, lo rendono un’agorà portuale e cittadina. Con oltre 4000 iscritti, di cui 1600 soci lavoratori attivi, 1700 soci pensionati e il restante cittadini, il Circolo festeggia quest’anno i suoi primi 70 anni, vivendo attivamente il presente e guardando al domani con il valore della memoria. Nel calendario delle celebrazioni, pochi giorni fa si è svolto il convegno nel cui titolo, “Riflessioni sulla riforma portuale”, spicca un lemma importante e spesso dimenticato, riflessioni, che richiama il pensiero critico e la sua responsabilità. Nella ampia sala conferenze con un pubblico attento di soci, che conosce meglio delle proprie tasche il porto e la sua imprevedibile quotidianità, i lavori si sono aperti con il benvenuto del Presidente, Danilo Oliva, che ha sottolineato l’intreccio profondo della vita del circolo con quella del porto, rintracciabile nell’evoluzione da realtà strettamente aziendale e fortemente corporativa a realtà intra-aziendale, che ha scelto politicamente di essere aperta al quartiere ed alla città.
“Siamo il circolo del porto, dei lavoratori e dei pensionati di Autorità portuale e terminal, e stiamo recuperando molto sul terreno culturale. Abbiamo dato il tema “Riflessioni” perchè abbiamo bisogno di capire. Per quello che abbiamo visto e sentito finora, in questa riforma si è parlato poco del lavoro e vorremmo essere smentiti. Il lavoro, se viene, viene sempre dopo; invece per noi viene prima”.
Ed ad aprire le riflessioni, dando un organico filo conduttore al parterre, l’intervento di Mario Sommariva, Segretario generale del porto di Trieste. Egli ha evidenziato in primo luogo la caratteristica di decreto delegato della riforma delle AP, che la circoscrive molto distintamente a numero degli enti, governance interna e semplificazione amministrativa, allo scopo di fare i conti con il dimensionamento dei porti italiani, il localismo, l’integrazione fra aree portuali e retroportuali ed il coordinamento fra piani e opere infrastrutturali. Il punto qualificante per Sommariva è che la riforma delegata si colloca all’interno del PSNPL e del DEF Infrastrutture, che rivede in modo molto netto la politica scellerata della legge Obiettivo, recependo l’ottimizzazione e integrazione infrastrutturale, la manutenzione, la ricaduta sui centri urbani, lo scenario internazionale. A tal proposito, ha ricordato che l’economia mondiale è in rallentamento e con essa i traffici portuali. Negli ultimi 25 anni la stazza media di tutte le tipologie di navi è quadruplicata, determinando sovra capacità di stiva permanente. Tutto il naviglio consegnato nel 2015 (1,5 mln di tonnellaggio), è stato compensato con un pari ammontare di navi di età 10-12 anni, messe in disarmo o demolite. Inoltre, si assiste al riassetto delle alleanze nel mercato delle portacontainer; mentre la geopolitica influenza sempre più i traffici, non solo commerciali ma, per la sicurezza, anche crocieristici. L’allargamento di Suez, per il quale si è rischiata una destabilizzazione politica permanente dell’Egitto, non ha portato maggior traffico, anzi esso si è ridotto. Infatti, il bunker a buon mercato permette di aumentare la velocità di traversata delle navi, che così possono doppiare il Capo di Buona Speranza risparmiando il costo della fee di attraversamento del canale.
La riforma fornisce qualche risposta di tenuta a tutto questo, con una gestazione che dovrebbe concludersi entro la scadenza della delega in agosto.
Accanto alle positività (definizione di enti pubblici non economici ad ordinamento speciale delle APdS e accorpamenti; Tavolo di coordinamento nazionale; sportelli e uffici territoriali rispondenti alla necessità dei porti di articolazioni territoriali che non hanno niente a che vedere con quelle decisionali), ha poi sollevato alcune criticità, tra cui lo stralcio della possibilità delle APdS di partecipare a società di intermodalità; l’applicazione secca delle norme sull’impiego pubblico alle APdS, che invece hanno bisogno di rapida capacità organizzativa; l’assenza sul come integrare porti e aree retroportuali; la non chiarezza su come si garantisce il riparto delle risorse tra i porti accorpati. Sommariva ha anche rilevato un’attenzione alla privatizzazione dei servizi di interesse generale, in cui non è detto che il privato possa funzionare, e in ultimo lo squilibrio del Comitato di gestione, perché il Tavolo di parternariato deve poter contare.
In chiusura Sommariva ha sottolineato l’importanza di un regolamento delle concessioni atteso da anni, massacrato dal Consiglio di Stato, che lo ha sovrapposto ingiustificatamente al nuovo Codice degli appalti. È poi passato alla necessità di rivedere l’incameramento previsto dal Codice della Navigazione e di prevedere la tutela degli investimenti privati nelle infrastrutture.
Infine, ha evidenziato la necessità di politiche per e del lavoro portuale, alla luce anche del gigantismo che rilancia il lavoro flessibile, espletato dagli Art 17, indicando l’APdS il soggetto centrale per politiche attive di stimolo e di processo di riqualificazione e formazione. Ha espresso l’importanza di riformare il 15 bis dell’Art 17 della L 84/94 che ha messo insieme gli articoli 17 e 16 e di emanare un atto di indirizzo per la regolazione del lavoro temporaneo che revisioni quello di Matteoli, che ormai conta più della legge. Occorre anche un regolamento per l’agenzia del lavoro temporaneo, intesa come strumento/emanazione del pubblico e non una società. Ha poi evidenziato il bisogno dei porti di intervenire sulla previdenza di sistema perché il lavoro portuale è usurante e necessita di prepensionamento.
Sergio Bologna ha preso la parola interrogandosi sull’esistenza o meno di unastrategia per cui fare una riforma e di una politica industriale. Per lo studioso l’unica strategia per il porto di Genova è allargare il proprio mercato oltralpe. Ma ha anche evidenziato alcuni elementi di scenario cruciali, che la riforma non sembra considerare. Occorrono 3 anni ad una società intermodale per raggiungere il break even, aprendo un problema di sostegno, e quando si va fuori dal territorio nazionale spesso gli inland terminal esteri ostacolano il traffico gestito da un altro paese. I porti nordeuropei aprono terminal all’estero per realizzare l’intermodalità.
La situazione italiana è caratterizzata da porti nord europei costosi e congestionati; da un forte rallentamento degli elementi di degrado nella logistica terrestre grazie all’azione dei comitati di base; dall’apertura del tunnel ferroviario del San Gottardo. Innanzitutto serve un progetto industriale, perché le infrastrutture non sono un valore di per sé, ma solo se servono a qualche cosa e meno che mai sono una misura anticiclica. Per Sergio Bologna, la Torino-Lione è inutile, risultato della Legge obiettivo di Lunardi che ha visto completare appena l’8,4% di tutto quello che ha consentito di avviare, grazie alla previsione di finanziamento a tranche.
A seguire, un interessante intervento a carattere giuridico di Sergio Maria Carbone, che ha aperto evidenziando il cambio di orientamento economicomondiale ed europeo, che ha battagliato il sistema delle Conference, che nasceva sulla base della libera concorrenza regolata in modo trasparente, lasciando spazio alle attuali opache e imprevedibili Alliance. Esiste un conflitto nei trasporti tra mercato regolato e mercato libero senza regole e direzione. In Italia la L. 84/94 rispecchia una concezione del terminalista come soggetto neutro di fronte al traffico, ma intanto sono cambiati gli impegni finanziari di investimento, le linee e le modalità di trasporto. Oggi gli operatori e i lavoratori chiedono chiarezza degli obiettivi e delle modalità per raggiungerli e non va dimenticato che la riforma attuale si basa sulla L. 84/94 rimasta incompiuta. Vi è un elemento ineludibile: favorire una partecipazione degli utenti alla governance; saranno poi gli enti pubblici a decidere, ma non possono essere svincolati dagli operatori privati, che non sono solo condizionamento ma anche stimolo.
Nel futuro prossimo gli investimenti diventeranno sempre più cruciali, ma va in direzione opposta la rigidità degli investimenti sin dall’inizio concessione, e non a medio o a fine concessione, introdotta dalle osservazioni del Consiglio di Stato. Il concessionario già in atto deve essere privilegiato, ma con verifiche con parità di condizione di mercato.
Secondo il giurista il lavoro è il grande assente della riforma. Le indicazioni di Confindustria e il pool di manodopera debbono essere verificate. Infine, rileva l’esistenza di una superfetazione normativa in ambito portuale senza alcuna logica.
Il Segretario generale della AP di Genova Alessandro Carena ha espresso estrema perplessità.
Non gli sembra che questa riforma sia utile o particolarmente migliorativa della L. 84/94. Propende per la trasformazione dei porti in SpA pubbliche e condivide l’istituzione delle macroregioni Alto tirrenica e Alto adriatica.
Prendendo la parola, il presidente di Assiterminal, Marco Conforti, ha subito messo in luce una posizione dubitativa sugli accorpamenti e sulla pianificazione centrale.
I terminalisti rappresentati da Assiterminal sono contrari al parternariato pubblico-privato ed alla espulsione dei comitati portuali con qualcosa che non si conosce. “Il fatto che gli investitori siano espulsi crea problemi agli stessi investitori” ha sintetizzato Conforti. Riguardo agli accorpamenti, poiché il mercato è sovranazionale, se va in questo senso, approvano il processo di dimensione amministrativa infra-regionale.
Sulla pianificazione si è interrogato sul come si fa ad investire se non vengono dichiarate a livello nazionale le priorità e dunque come si spenderanno i soldi, mentre sulla sburocratizzazione, ha sottolineato come, unico caso in Europa, ai terminalisti restino 5 livelli di regolazione: Ap/APdS, MIT, Tavolo coordinamento nazionale, Antitrust e Authority Trasporti. Ha concluso con un breve passaggio sul lavoro, in cui si è dichiarato contrario sia ad ulteriori vincoli per l’utilizzo dell’Art.16 che all’adozione di un modello del lavoro più rigido e costoso.
I tre sindacati, Filt,Fit, UilT rappresentati dal Segretario della Camera del Lavoro di Genova Ivano Bosco, hanno espresso apprezzamento per l’avvio di una riforma portuale, date l’estrema burocrazia nei Comitati portuali e le regole organizzative diverse da porto a porto. Ha espresso sconcerto sulla tendenza a distinguere sempre meno tra porti e logistica, che potrebbe nascondere una strategia. La riforma in atto è minimalista e aspettano di vedere la seconda parte di essa. Resta la necessità che ai lavoratori delle APdS sia riconosciuto il CCNL porti ed al lavoro temporaneo sia riconosciuto l’interesse generale. Commentando la richiesta dei terminalisti di ulteriore flessibilità del lavoro, Bosco si è detto preoccupato che a ciò possa corrispondere la diminuzione dei posti di lavoro nei terminal. Secondo i sindacati, gli alti investimenti dei privati in qualche modo vanno garantiti, perché significano garanzia di lavoro. Conclude infine richiamando la necessità di riconoscere il lavoro portuale usurante.
A seguire, ha preso la parola il console della Culmv Antonio Benvenuti, che ha aperto il suo intervento annunciando la decisione di entrare in stato di agitazione senon avverrà la firma del contratto con i terminalisti, che riconosce la Culmv unica fornitrice di lavoro temporaneo. La Compagnia Unica Paride Batini condivide la creazione a Trieste dell’agenzia per il lavoro temporaneo, ma questa soluzione non va bene per Genova. E’ necessario riconoscere il servizio di interesse generale del lavoro temporaneo dell’art 17, che nei porti italiani esiste a Savona, Genova e Ravenna.
La parola finale è stata affidata a Luigi Merlo, Consigliere del Ministro Delrio, che subito ha sottolineato come le iniziative del Governo per i porti sianoun’occasione importante di cambiamento. Per Merlo è necessario chiudere la lunga stagione di deformazione applicativa della Legge 84/94, che ha reso insostenibili Autorità e Comitati portuali. Esprimendo giudizi molto positivi su quanto previsto dal Piano Nazionale e dalle modalità di pianificazione delle opere infrastrutturali, ha poi spiegato che i motivi che lo hanno allontanato dall’idea di trasformare le AP in SpA pubbliche sono dovuti all’intervento di alcuni provvedimenti che ne hanno cambiato le condizioni. Oggi una SpA portuale impedirebbe autonomia e flessibilità necessarie allo sviluppo dei traffici. Sulle concessioni Merlo ha rassicurato che si sta per scrivere la risposta al Consiglio di Stato; sulla questione lavoro portuale ha rimarcato che il Tavolo non è ancora partito per le proposte sindacali disgiunte. Si sta lavorando per raggiungere una quadra unitaria.
Giovanna Visco