Napoli, 19 luglio 2017 – Continua la risalita del Mezzogiorno, trainata dalle sue imprese: questa, in sintesi, la fotografia che emerge dal Check Up di metà anno che Confindustria e SRM (centro studi del Gruppo Intesa Sanpaolo) dedicano all’economia e alla società meridionale. Dopo un 2015 che ha visto crescere le regioni del Sud più della media nazionale, le anticipazioni relative al 2016 confermano la tendenza alla crescita moderata, che dovrebbe proseguire anche nella prima parte del 2017.
Tale tendenza è confermata dall’Indice Sintetico dell’Economia Meridionale, elaborato da Confindustria e SRM, che mostra tutti gli indicatori in crescita (come già alla fine del 2016). In particolare, continua la crescita del PIL (+0,9% nel 2016), su livelli non molto lontani da quelli del 2015 (+1%), trainata dall’industria in senso stretto (il cui valore aggiunto è cresciuto, nel 2016 del 3,4%, oltre 2 punti in più della media nazionale). Quattro indicatori su cinque, ad eccezione dell’export, sono – tuttavia- ancora al di sotto dei livelli pre-crisi.
Si rafforza la natalità imprenditoriale: il numero delle imprese attive,nei soli primi tre mesi dell’anno, cresce di 8mila unità in più (+0,5%), una tendenza ancor più significativa se confrontata con un contemporaneo calo nel resto del Paese (-0,3%). In particolare, prosegue, l’aumento delle società di capitali (+16 mila nel I trimestre 2017 rispetto allo stesso periodo dello scorso anno), ad un ritmo doppio rispetto al Centro-Nord, un chiaro segnale di irrobustimento del tessuto produttivo.
Altro segno “più” lo fa registrare il numero delle start up innovative (+29,1% nel I trimestre del 2017 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente), un dato migliore di quello registrato al Centro-Nord (+25,7%), con un trend positivo che riguarda tutte le regioni del Mezzogiorno. Positivi sono anche i dati sulle imprese in rete (1.000 in più in soli sei mesi) che aumentano ad un tasso, anche in questo caso, maggiore rispetto a quello del Centro-Nord.
Cresce il fatturato delle imprese,non solo quello delle grandi ma anche, per la prima volta dall’inizio della crisi, quello delle piccole imprese (+0,6%), spina dorsale del sistema produttivo nazionale, ma soprattutto di quello del Sud, di cui rappresentano oltre il 90% del totale delle imprese.
Segnali positivi per le imprese, in particolare quelle manifatturiere, sono confermati anche dall’andamento dell’export: nei primi tre mesi dell’anno è stato pari a 10,3 mld nel Mezzogiorno, registrando un +12,7% rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente – un risultato migliore della media nazionale (+9,7%) – trainato dal forte recupero dei prodotti della raffinazione (+68,9%) e dei prodotti chimici (+35,1%), dall’export di macchinari (+10,1%) e della farmaceutica (+8,1%).
Brillante, e superiore alle attese è, in particolare la performance del settore dei macchinari, a cui il Check up dedica uno specifico approfondimento: un settore che, sebbene di dimensioni ancora ridotte al Sud (circa 2.000 imprese), ha registrato una crescita dei ricavi (+7,3%) più del doppio rispetto alla media nazionale (3,4%), così come degli addetti, cresciuti al Sud (+2,7%) quasi il doppio della media Italia (+1,4%). All’interno del settore, numeri più piccoli, ma altrettanto e forse più lusinghieri vengono dal comparto delle macchine utensili, il cui export è cresciuto nel Mezzogiorno (principalmente verso Germania e Stati Uniti) nel periodo 2012-16 in media del 2,4%, a fronte di una contrazione dei principali Paesi Europei e della stessa media nazionale (-2,9%). Migliora, in particolare, la quantità e la qualità dei macchinari installati nelle aziende meridionali. Secondo i dati di UCIMU, l’associazione di Confindustria che rappresenta i produttori di macchine utensili, particolarmente significativa è la quota dei robot sul totale delle macchine installate, pari nel Mezzogiorno al 14%, rispetto ad una media delle altre regioni che si ferma al 7,4%.
Numeri positivi, anche se ancora limitati ad un numero ristretto di imprese di punta, che vantano risultati uguali – se non migliori – a quelli del resto del Paese. La sfida è, dunque, quella di rafforzare il gruppo di testa, favorendo in primo luogo gli investimenti, il cui livello è tuttavia ancora troppo basso, essendo calati di quasi il 44% dal 2008 e del 37% nel solo settore manifatturiero. La timida inversione di tendenza dell’ultimo anno (+0,8%) lascia bene sperare, ma la distanza dai livelli pre-crisi rimane ancora molto elevata. Particolarmente tempestive sono state, perciò, le modifiche apportate nel 2017 al credito d’imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno, che potranno spingere in alto gli investimenti delle imprese già nella seconda parte dell’anno.
Tornano a calare gli impieghi totali al Sud (-1,2% nel II trimestre 2016) e l’intensità creditizia (cioè il rapporto tra impieghi e PIL) registra una inattesa frenata (solo in parte spiegabile con la crescita moderata del PIL stesso). Cosicché, mentre il profilo di rischio delle imprese tende progressivamente a migliorare, l’espansione della domanda di credito non riesce ad essere del tutto soddisfatta dall’allentamento, seppur visibile, delle condizioni praticate per l’offerta di credito.
Tra i settori, bene il turismo e la cultura: cresce, infatti, la presenza dei turisti stranieri nelle regioni del Mezzogiorno, che supera i 10 milioni di unità, e la loro spesa, che supera i 3,6 miliardi di euro, anche grazie ad una performance di porti ed aeroporti meridionali che si mantiene positiva. Ad attrarre i visitatori è anche l’ingente patrimonio museale ed archeologico meridionale, che ha fatto registrare oltre 10 milioni di visitatori nel 2016, con un incremento degli introiti di quasi il 19%.
L’occupazione cresce rispetto ad un anno fa (+1%), ma con un ritmo più lento negli ultimi mesi: un campanello d’allarme che non va trascurato, soprattutto in considerazione dei numeri rilevanti perduti durante la crisi, solo parzialmente recuperati, e tenuto conto dell’incentivo per le assunzioni a tempo indeterminato di cui beneficiano (nel solo 2017) le imprese localizzate nelle regioni meridionali, incentivo che ha già agevolato l’assunzione di oltre 55 mila lavoratori nei primi 5 mesi dell’anno. La disoccupazione resta elevata (21%) ed è anzi in crescita per effetto dell’aumento delle persone che si riaffacciano sul mercato del lavoro in cerca di occupazione: resta, in particolare, altissima la disoccupazione giovanile (56,3%), ad un livello doppio rispetto alle regioni del Centro-Nord. Così come elevato resta il numero dei NEET, dei giovani, cioè, che non studiano e non lavorano: sono 1 milione e 800 mila al Sud (più di metà del dato nazionale), e di questi sono ben 800 mila quelli che non hanno neppure un titolo di studio. Al Sud più ancora che al Nord, dunque, un intervento per favorire l’accesso dei giovani al lavoro è decisivo e non più differibile.
L’accelerazione dei processi di crescita è, insomma, necessaria all’economia del Mezzogiorno per recuperare rapidamente il terreno perduto. Pesano ancora, infatti, i divari di competitività con il Centro-Nord e la capacità produttiva andata distrutta, l’andamento della spesa per investimenti pubblici – prima di tutto infrastrutturali – che non accompagna questa tendenza, l’offerta di credito che fatica a seguire la domanda, soprattutto delle imprese.Tuttavia, i segnali di vitalità degli ultimi anni si fanno sempre più intensi e sempre più diffusi, soprattutto grazie alla capacità competitiva (sul mercato interno e nella competizione internazionale) di un nucleo forte di imprese che si fa progressivamente più consistente.
Tre sono perciò sfide principali per il Mezzogiorno: favorire la natalità delle imprese, al fine di ripristinare le fila di un sistema produttivo in cui la crisi ha aperto ampi vuoti; sostenere il rafforzamento, la crescita dimensionale, l’innovazione e l’internazionalizzazione delle imprese esistenti, per far si che il nucleo forte si consolidi e si estenda; far crescere la quantità (e la qualità) della spesa per investimenti pubblici ad un livello effettivamente capace di avere impatti reali sui tassi di crescita, affiancando la vitalità delle imprese.
Come fare? Sul versante delle imprese, i provvedimenti già in vigore (come il credito di imposta e gli iperammortamenti) vanno nella giusta direzione, così come quelli in costruzione, come il DL Sud, attualmente all’esame del Parlamento, con le sue proposte per la creazione di nuove imprese da parte di giovani o le ZES (Zona Economica Speciale).
I Programmi Operativi e i Patti attuativi del Masterplan costituiscono, in questo senso, delle buone basi di partenza. Ma altrettanto importante è un intervento per il rafforzamento del contesto produttivo meridionale. Al Mezzogiorno serve dunque, oggi più che mai, una politica di coesione più semplice e più efficace, più concentrata, capace di sostenere il rafforzamento e l’innovazione della base produttiva e il superamento dei divari di competitività dei territori. L’accelerazione nell’utilizzo delle risorse, la piena efficacia delle strutture di gestione e controllo, la riduzione del rischio di inefficace utilizzo dei fondi, già nell’attuale ciclo di programmazione, costituiscono le prime e più urgenti carte da giocare per rafforzare la nostra credibilità in vista della programmazione futura.