È forse opportuno, per affrontare i temi che sono oggetto delle mie riflessioni odierne, richiamare nuovamente i principi fondamentali che hanno ispirato la nascita dell’Unione europea. Indubbiamente, tra questi vi è la libertà di circolazione delle merci e delle persone, soprattutto per i Paesi considerati periferici rispetto ai Paesi del centro Europa.
Che ne è stato, dunque, di questo principio? Da troppo tempo le imprese del nostro Paese sono ostacolate negli spostamenti necessari allo svolgimento delle proprie attività dai nostri confinanti, in particolare dall’Austria. I governi italiani hanno provato, anche se con molta diplomazia, a prendere posizione sul tema e a denunciare questi fatti, nessun risultato, tuttavia, è stato conseguito. L’Austria, accampando il pretesto del rispetto ambientale, ha proseguito con le proprie politiche restrittive, a danno della nostra economia nazionale.
In questi ultime settimane sembra che, grazie alle iniziative assunte dal ministro Salvini, qualcosa stia iniziando a muoversi. La Fai/Conftrasporto, con altre federazioni, ha intrapreso anche azioni di natura legale segnalando l’omissione di atti d’ufficio da parte della Commissaria Von Der Lyen.
Qualcuno si domanderà se sto ripetendo concetti già espressi. Non è così. La necessità di tornare su questo tema, sollecitando nuovamente un intervento delle istituzioni competenti, scaturisce infatti dalla notizia, sempre più avvalorata, delle chiusure programmate che, per i prossimi 18 anni, interdiranno l’accesso al tunnel del Monte Bianco. Così, oltre agli ostacoli che già conosciamo ad est, l’economia del nostro Paese dovrà fare i conti anche con quelli che stanno sorgendo ad ovest. Emerge ancora una volta, se pure vi fosse bisogno di altre prove, come le iniziative arbitrarie attuate da singoli Paesi possano di fatto generare quegli impedimenti che il trattato costitutivo dell’Unione espressamente evita.
Anche in questa occasione, peraltro, si evita di prendere decisioni e non si affronta la proposta italiana di mettere subito in cantiere la seconda canna del tunnel. “A pensar male si fa peccato ma spesse volte ci si azzecca” sosteneva un noto politico italiano. Ora, appare evidente che la mobilità delle merci è il vero e proprio apparato cardiocircolatorio della nostra economia e il buon funzionamento di questo apparato dipende dall’effettiva capacità operativa della logistica. Nella fattispecie, non possiamo ignorare né sottacere l’effetto devastante che queste nuove chiusure avranno sul sistema ligure, in particolare sui porti di Genova, La Spezia e Savona e sull’intera economia del Nord-Ovest.
Siamo inoltre tutti ben consapevoli (almeno spero) di cosa accade nel momento in cui si verifica un incidente sulla linea ferroviaria. Ricordo che in Germania l’incidente a Rastatt produsse in qualche ora il collasso del sistema logistico europeo.
Non sarà allora il caso che sul tema della mobilità e della logistica si costituisca una sorta di coordinamento, al fine di evitare paralisi che certamente avvantaggiano delle economie – quelle al di sopra dell’arco alpino – a discapito di altre, provocando danni che si ripercuoteranno su tutto il tessuto europeo, con danni drammatici non solo per le economie, ma per tanti cittadini?
L’attuale Esecutivo dovrebbe – e le prime iniziative del ministro Salvini sembrano andare nella giusta direzione – chiedere un confronto serrato a livello comunitario per individuare le opportune iniziative che evitino il collasso del sistema economico. Sulla permeabilità alpina il nostro Paese si gioca molto. L’apologo di Menenio Agrippa sta tornando di moda? Sarebbe un disastro.