Trieste, 31 marzo 2015 – In relazione alle dichiarazioni circolate in seguito alla nostra comunicazione di ieri circa la cessazione, non la disdetta, degli effetti del contratto integrativo, la società rimarca che le organizzazioni sindacali hanno presentato le proprie piattaforme oltre i termini previsti dal contratto collettivo nazionale per i lavoratori metalmeccanici. In estrema sintesi ciò dimostra, l’assenza di un reale interesse al rinnovo di un’intesa prorogata ormai da 27 mesi e, soprattutto, l’atteggiamento preconcetto e di chiusura, con qualche distinguo tra le diverse organizzazioni, manifestato nel corso dei 12 incontri avuti dal dicembre scorso ad oggi.
Ad ogni modo l’azienda, pur ribadendo il mancato rispetto dei termini per la presentazione delle piattaforme contrattualmente previsti, si è resa disponibile ad affrontare un percorso negoziale finalizzato al raggiungimento di una intesa comune, nonostante negli ultimi tempi siano invalsi comportamenti improntati più ad architettare campagne mediatiche strumentali e senza costrutto che a tenere in debito conto le evoluzioni di un grande gruppo industriale.
Alcune forze politiche e sindacali, infatti, sostengono che Fincantieri è un’azienda pubblica, quasi a sottintendere che, in quanto tale, dovrebbe essere chiamata unicamente ad erogare stipendi, cosa che, se fosse vera, andrebbe a scapito della collettività, perché “l’essere pubblico” implica un impegno maggiore, dovendo preservare il “bene comune” (concetto già chiaro ai nostri padri 2.000 anni fa, quando parlavano di “res publica”). Peraltro, bisogna sottolineare che oggi Fincantieri è un’azienda quotata, perché circa il 30% del suo capitale è in mano ai privati, e il restante 70% non è posseduto direttamente dallo Stato. Se si continua ad ignorare questo aspetto, non si fa che scavare ulteriormente l’abisso culturale in cui è precipitato il Paese, ormai pressoché deindustrializzato.
Se queste componenti di retroguardia avessero avuto la meglio, Fincantieri non si sarebbe salvata dal fallimento ma, grazie anche alla determinazione della sua classe dirigente, che ha lottato contro conservatorismi e rendite di potere, oggi è finalmente riconosciuta come un’eccellenza mondiale.
Certamente questo non piace ai cultori del “tanto peggio, tanto meglio”, ma l’azienda confida in un’assunzione di responsabilità, dal momento che continua ad operare in un contesto competitivo internazionale che richiede continui interventi volti al recupero di competitività, qualità, efficienza e al contenimento dei costi.
Proprio per questo la direzione conferma ancora una volta la propria disponibilità, se fosse necessario anche attraverso ulteriori incontri oltre a quelli già calendarizzati, per il raggiungimento di un’intesa che, aiutando a creare i presupposti necessari per ottenere nuove importanti acquisizioni, determinerebbe ricadute positive pluriennali per i cantieri italiani del Gruppo.