Il caso Hanjin: la responsabilità dello spedizioniere nella scelta del vettore

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                                                                                                                                                           Barbara Gattorna, Associate Nctm

Come noto, alla fine del mese di agosto, la Hanjin Shipping, primaria compagnia di trasporto di container, ha presentato istanza di fallimento contemporaneamente in Corea del Sud e negli Stati Uniti. Detta azione ha comportato che circa il 70% delle navi portacontainer della flotta, cariche di merci, siano state letteralmente costrette a proseguire la navigazione senza possibilità di attracco nei porti di originaria destinazione1.

Posto che già da alcuni anni la compagnia sud coreana non navigava in buone acque dal punto di vista finanziario, più di un cliente – che si è vista impedita la riconsegna della merce – si è chiesto perché gli spedizionieri abbiano continuato a concludere contratti di trasporto con la Hanjin, col rischio di esporre i propri mandanti a gravi problematiche in caso di crack della predetta società (evento poi verificatosi).

Questa vicenda ci offre l’occasione per esaminare il tema della responsabilità civile dello spedizioniere relativamente alla scelta del vettore col quale concludere il contratto di trasporto.

Il contratto di spedizione, infatti, è configurato dal codice civile italiano quale un mandato (senza rappresentanza) mediante il quale lo spedizioniere assume l’obbligo di concludere, in nome proprio e per conto del mandante, un contratto di trasporto e di compiere le operazioni accessorie.

Lo spedizioniere pertanto – salva l’ipotesi di spedizioniere-vettore ex art. 1741 cod. civ.2 – può risultare responsabile (nei termini che vedremo meglio infra) rispetto al mandato ricevuto sostanzialmente in due casi: (i) quando non conclude il contratto di trasporto e (ii) quando, omettendo di impiegare la dovuta diligenza professionale nella scelta del vettore col quale concludere il contratto di trasporto, stipula lo stesso con un vettore non «affidabile».

In questo secondo caso, si parla di responsabilità dello spedizioniere per «culpa in eligendo», ovverosia per «colpa nella scelta» del vettore col quale concludere il contratto di trasporto.

Un esempio tipico di culpa in eligendo è l’affidamento del trasporto ad un vettore privo di adeguate coperture assicurative. Un altro esempio, tuttavia, ci pare possa essere rappresentato anche dall’affidamento del trasporto ad un vettore le cui condizioni finanziarie appaiano precarie. Quest’ultima ipotesi è quella che potrebbe ricorrere nel caso Hanjin.

In questi casi, il mandante deve provare, oltre ovviamente al danno subito, anche che la condotta lesiva tenuta dallo spedizioniere sia stata «colpevole» ovverosia negligente o imprudente. In altre parole, occorre provare che la scelta di imbarcare la merce sulle navi del vettore in difficoltà finanziarie sia sta incauta e quindi in violazione dell’art. 2043 c.c.

In un’ottica di eventuale azione di risarcimento danni, pertanto, l’onere della prova in un giudizio circa la colpa nella scelta del vettore è, secondo la legge italiana, a carico del cliente. E’ quindi quest’ultimo a dover fornire la prova del fatto che lo spedizioniere abbia concluso il contratto con un vettore non «affidabile».

In ciò, infatti, sta la principale responsabilità professionale dello spedizioniere. Per consolidata giurisprudenza delle corti italiane, infatti, allo spedizioniere (salvo sempre il caso dello spedizioniere-vettore) non può essere ascritta una «culpa in vigilando» (vale a dire nella vigilanza dell’attività svolta dal vettore incaricato) proprio poiché la prestazione dello spedizioniere si esaurisce nella stipula del contratto di trasporto più funzionale alle esigenze del committente (oltre allo svolgimento delle operazioni accessorie).

A questo punto, una volta circoscritto l’ambito di responsabilità dello spedizioniere e lo spazio di manovra di un’eventuale azione del cliente, per il caso Hanjin i clienti dovranno dimostrare la conoscenza, ovvero la conoscibilità, da parte dello spedizioniere del pregresso stato di precarietà finanziaria che ha poi determinato il tracollo della compagnia.

Trattasi di un’analisi che ovviamente dovrà essere svolta caso per caso e rispetto alla quale, tuttavia, può dirsi che – trattandosi di una professione connotata da alta specializzazione – la valutazione della condotta dello spedizioniere dovrà essere effettuata sulla scorta di parametri parimenti elevato di diligenza.

Di converso, se lo spedizioniere avesse proposto al cliente noli particolarmente attrattavi rispetto a quelli del mercato, potrebbe ritenersi che il cliente abbia accettato il rischio, similmente a quanto avviene nel mercato dei prodotti finanziari in cui si trattano casi in cui un investitore acquista un prodotto ad altro rischio (ed alto rendimento) e a cui viene negata – solitamente – l’eventuale azione di responsabilità nei confronti della banca.

1 Questo blocco, da una parte, è stato dettato dal rifiuto opposto da molti porti all’attracco delle navi Hanjin in mancanza di garanzie circa il pagamento delle tasse portuali, nonché dei compensi relativi alle operazioni di carico e scarico ed al rifornimento di carburante. D’altra parte, la società stessa ha scelto questa «soluzione» temporanea per evitare che le navi, una volta attraccate, fossero sottoposte ad eventuali sequestri da parte dei creditori».

2 Ai sensi dell’art. 1741 cod. civ., «Lo spedizioniere che con mezzi propri o altrui assume l’esecuzione del trasporto in tutto o in parte, ha gli obblighi e i diritti del vettore».

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