Mentre la crisi incalza,l’improvvisazione regna sui porti

mare mosso settembre 2011

Senza misure economiche correttive, Confindustria prevede entro dicembre il licenziamento di migliaia di lavoratori. Sul piano finanziario, le banche hanno chiuso il rubinetto del credito, prosciugato dal debito sovrano, dai derivati e dalla stretta interbancaria, mentre, già utilizzati nel biennio scorso, il finanziamento dei fondi delle CIG speciali è ormai prosciugato. L’orizzonte di medio periodo che si prospetta, quindi, è di inasprimento della contrazione di consumi e produzione, che si rifletterà nel corso del 2012 su tutti i comparti portuali sia merci che passeggeri, rincarando una situazione già molto difficile. Intanto, più pulpiti invocano la riforma dei porti, rispecchiata da un Disegno di legge di revisione della L.84/94, che continua ad essere rimaneggiato qua e là, ed anche l’autotrasporto, attraverso la Consulta, vi ha fatto ingresso, autopromuovendosi organo decisionale sulle destinazione d’uso delle aree pubbliche portuali. L’impressione è che si siano sollevati interessi di ogni genere a sciame disordinato, anche di chi non ha radici portuali, ognuno sperando di portare qualcosa a casa, senza che vi sia regia o almeno chiarezza generale sui principi ispiratori di base e sul progetto di portualità complessiva che si intende costruire in risposta ai processi economici nazionali, comunitari ed internazionali.

Il Segretario generale CGIL, Fabrizio Solari, recentemente, a conclusione di un seminario interno del comparto porti della FILT, ha evidenziato l’improvvisazione con la quale si interviene e si dibatte di portualità in Italia,la frammentazione della catena logistica, l’inadeguatezza delle infrastrutture a valle delle banchine.

Sta emergendo nei porti italiani che imprese private e sindacato hanno un terreno comune su cui poter giocare all’unisono in una medesima squadra. Questo terreno è il lavoro e la sua crescita qualitativa e quantitativa, un principio ispiratore fondamentale della nostra carta costituzionale che non può essere disgiunto dallo sviluppo dei porti, e, a quando sarà, dalla loro riforma. Un primo segnale forte della percorribilità di questa direzione è la difesa del contratto di lavoro dei porti sia da parte sindacale che imprenditoriale, per la capacità strumentale non solo di pacificatore sociale ma di dignità del lavoro e di sviluppo sostenibile delle imprese private, depotenziando qualsiasi tentativo di distorsione della concorrenza endo e infraportuale basato sul costo del lavoro. Questo dovrebbe anche indurre ad una riflessione approfondita sulla perdita occupazionale secca dal 1985, anno di inaugurazione della riforma, ad oggi del numero di portuali occupati, che non sono stati né sostituiti né sottoposti a processi di riconversione. Un processo di trasformazione del lavoro che complessivamente ha qualificato e professionalizzato i ruoli e incrementato fortemente la produttività entro confini di sicurezza e di regole, restituendo competitività ai porti italiani.

Ritornando alla questione della riforma o dell’aggiornamento della legge sui porti, qualsiasi essa sarà non potrà prescindere dalla ricerca della stabilità dello sviluppo dei porti, fondata sulla crescita occupazionale e sulla sua alta specializzazione, con un coinvolgimento diretto anche delle infrastrutture terrestri non solo nell’ottica di mera logistica della merci, ma anche di qualificazione professionale delle maestranze che vi lavorano.

Questo passaggio sarebbe necessario, tanto più che il profilarsi dello sviluppo dei traffici con il Nord Africa non è tema né privilegio esclusivo dell’Italia, ma i porti del Nord Europa già vi ci guardano da un po’, mentre la Turchia è in sviluppo economico geometrico in stretta relazione con il mondo arabo. Se non si lavora di concerto, in un’ottica di sistema logistico mare terra aria, è dietro l’angolo il rischio per porti e logistica italiana di diventare un protettorato nord europeo. In questo senso è auspicabile la compattezza portuale nel suo insieme nel respingere ogni forma di improvvisazione e di ingorda speculazione, resa ancor più cinica un lungo periodo di vacche magre come questo, e con riflessione, ragionamento pacato e competente seppur nella diversità delle vedute, senso della misura e buon senso, si decida e i porti si riprendano i porti.

Giovanna Visco

giovannavisco@alice.it

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