TRIESTE – Marina Monassi da qualche mese è il nuovo Presidente della AP di Trieste. Per la seconda volta è la prima donna a ricoprire questa carica in Italia. Il suo background ha radici nella pubblica amministrazione del Ministero della Marina Mercantile, passando poi negli anni recenti alla Vicepresidenza di Corporate & Investment Banking di UniCredit e fino a pochi mesi fa, a scadenza naturale del contratto, Direttore generale della multiutility quotata Acegas-Aps, operante in Friuli-Venezia Giulia, Veneto e Balcani.
Presidente Monassi, a pochi km da Trieste, Monfalcone e Capodistria hanno grandi progetti. Lei come delinea il futuro del porto di Trieste?
Sono progetti e banchine a lunghissimo termine che guardo con grande simpatia ed interesse, ma i porti devono lavorare oggi e domani mattina. Il porto deve essere un luogo sicuro per la nave ma è solo una tappa per la merce e dobbiamo quindi garantire che in questa tappa si faccia tutto velocemente e bene, perché solo così riusciamo a dare quel valore aggiunto che stanno richiedendo i traffici.
A Trieste abbiamo la competizione economica dei porti vicini che è ancora molto pesante, nonostante siamo tutti in Europa. Quindi vinciamo solo con l’efficienza dei servizi.
Il NAPA in questo quanto vi aiuta?
Queste associazioni secondo me sono utili principalmente per cominciare a conoscerci e parlare tra di noi. Da qui poi si vedrà se arriveremo ad obiettivi di interesse comune, che sono comunque progetti a lunghissima scadenza
L’AP di Trieste come sta affrontando la situazione dei traffici?
L’esperienza che ho avuto nella quotata in questi ultimi cinque anni mi hanno fatto conoscere l’esigenza di unire spesa, guadagno e risultato. La legge 84/94, anche se oggi risulta datata, ha nell’Art. 18 un punto positivo che prevede ogni anno il controllo del piano delle imprese. Se, ad esempio, si sono dati 10 milioni di euro ad un’impresa dietro suo impegno a fare 10 mil di tonn di merce, bisogna poi controllare che l’abbia fatte perché sennò c’è qualcosa che non va. Siamo altrimenti di fronte a dei mercanti di terminal e non a dei terminalisti, con conseguenze devastanti perché la nave non arriva più.
Quindi come vi siete organizzati?
Ci siamo obbligati su mia iniziativa a provare anche noi a fare il piano industriale. Verificare il piano delle imprese e quello industriale del porto è diventato prendere i piani industriali reali delle singole imprese, i loro progetti e investimenti, e soprattutto verificare quante navi arrivano e cosa portano e di che cosa si ha bisogno. Quindi il porto investe, ma davanti ad un risultato di arrivi di navi, perché questo è ciò che dobbiamo fare. È un’operazione un po’ pesante perché completamente nuova per l’AP, ma ci stanno dando una mano i colleghi della mia ex società Agegas Aps.
Pochi porti o molti porti in Italia, qual è la sua opinione?
Intanto ci sono ed io ci penserei prima di eliminare un qualcosa che al limite funziona e garantisce sicurezza e occupazione ed in cui c’è lo Stato che è il solo che può investire in queste grandi infrastrutture. In tanti anni non ho ancora visto un privato che ci abbia mai messo un soldo. Va, invece, cambiata la norma. L’84/94 è stata positiva, ci ha fatto fare tanti passaggi dall’epoca degli enti, ma va migliorata andando più verso una SPA pubblica, dando al Comitato portuale un potere solo consultivo, cambiando quanto avviene oggi, dove tutti hanno interessi che non potrebbero sedere a quel tavolo e votano, ostacolando ciò che non rientra nei propri piani, rendendo l’assunzione di una delibera una cosa non facile. Occorre maggiore snellezza. Ad esempio, nel porto di New York credo che siano in 5 in tutto a prendere decisioni, dovremmo cominciare a guardare un po’ di diritto comparato e fare un salto più in là. Ma lo faranno.
A proposito di snellezza, come vede i servizi tecnico nautici?
La grande tradizione marittima italiana ci ha dato dei servizi tecnico nautici di livello altissimo che espletano con grande perizia un compito molto pericoloso. Il mare non è la tavola piatta con il pattino, ma può essere una brutta bestia per chi lo conosce, con condizioni veramente difficili per navi, porti e piattaforme ed i servizi tecnico nautici sono sempre pronti in H24 ad intervenire. Penso che in Italia come a Trieste tutto questo è stato ampliamente soddisfatto e la sicurezza in un porto non credo che possa avere prezzo. I nostri servizi tecnico nautici sono sicurezza insieme ad efficienza e innovazione tecnologica, che costa. Ne dobbiamo essere felici ed orgogliosi.