Taranto, 7 luglio 2015 – In una nota, Trasportounito-Fiap della provincia di Taranto ha diffuso un comunicato che analizza lo scenario che aleggiava su Taranto con la chiusura dell’Ilva:
L’ottavo decreto “salva Ilva”, giunto in extremis sullo spegnimento dell’Afo2 di Taranto scongiura il blocco degli impianti e, con esso, un colpo di grazia inflitto ad una buona parte delle imprese di autotrasporto di questo territorio: un numero rilevante di famiglie che sarebbero rimaste ferme al palo, prive di qualsiasi forma di tutela sociale.
Nel merito delle dichiarazioni rilasciate da chi – nel trattare con grande sensibilità ambientale l’argomento – dichiara scelte costituzionalmente forti da parte del Governo, accusato di far prevalere su tutti l’interesse economico, si conferma di ritenere inviolabile il diritto alla salute. Anche gli autotrasportatori, mariti e padri di famiglia al pari degli altri cittadini di Taranto, auspicano – per sé stessi e per i propri cari – l’attuazione dell’annunciato piano di risanamento ambientale, esigendo però anche rassicurazioni sulla continuità del lavoro, fonte di sostentamento.
Si valuta pertanto positivamente la sospensione legislativa del provvedimento di sequestro senza facoltà d’uso disposto dalla Procura laddove consenta per un periodo di tempo transitorio, ma comunque definito “stringente” (30 giorni, accompagnato dall’obbligo di presentazione di un piano di sicurezza aggiuntivo), la prosecuzione dell’attività di Ilva Spa in A.S.
A supporto di quanto sopra argomentato si evidenzia che:
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Lo scontro tra Esecutivo e Magistratura sul futuro dello stabilimento non può trovare rinnovato vigore, anche nella pubblica opinione, da accadimenti tragici come la morte di un giovane operaio sul luogo di lavoro;
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Si ritiene irresponsabile uno stop forzato del processo produttivo, in caso di ipotesi alternative praticabili, se da questo può scaturire un ulteriore danneggiamento delle imprese di autotrasporto. Queste ultime, ancora in attesa di ricevere soddisfazione di una parte dei crediti vantati anteriormente all’ammissione di Ilva Spa alla procedura di A.S., hanno potuto soddisfare in parte l’indebitamento pregresso solo sacrificando i ricavi correnti ed aggravando le proprie condizioni patrimoniali.
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L’impoverimento straordinario del tessuto produttivo locale e la conseguente carenza di offerte di trasporto sul territorio rende impossibile l’accesso ad altre committenze, costringendo le imprese a fermare i mezzi sul piazzale e ricorrere al licenziamento dei proprio personale viaggiante, non potendo adibirlo ad altre mansioni. Ad emergere è anche la responsabilità di una rappresentanza associativa degli industriali, assai poco lungimirante ed in passato spesso assente sui temi della politica industriale, che ha avallato il comportamento di una classe imprenditoriale che al rischio d’impresa ha preferito la garanzia di solidità offerta dalla grande industria.