Tunisi, 8 agosto 2014 – Stenelle striate, tursiopi e delfini comuni sono i mammiferi marini che popolano abitualmente il Canale di Sicilia, un progetto di ricerca tra Italia e Tunisia ne monitora le popolazioni grazie ad una piattaforma di osservazione speciale: i traghetti di linea. Una ricerca ad impatto zero, attraverso avvistamenti con binocoli, contando gli esemplari. Prosegue per tutta l’estate il programma di monitoraggio dei cetacei nel canale di Sicilia dell’associazione Ketos, realizzato in collaborazione con ACCOBAMS (accordo internazionale per la conservazione dei cetacei nel Mar Mediterraneo) ed un gruppo di enti di ricerca italiani e tunisini.
Tra gli scopi del progetto, oltre a fornire indicazioni sulla presenza di cetacei nel Canale di Sicilia, anche quello di verificare i modelli di migrazione della balenottera mediterranea. Al fine di poter garantire un monitoraggio annuale anche in zone difficilmente raggiungibili dai normali mezzi di ricerca nautici e per ottimizzare i costi, il gruppo di ricerca, con la collaborazione della Grimaldi Lines, ricorre all’utilizzazione dei traghetti di linea come base di osservazione seguendo uno specifico protocollo standard elaborato da ISPRA.
“Grazie alla proficua collaborazione con gli enti di ricerca tunisini stiamo realizzando congiuntamente un programma di monitoraggio transfrontaliero che permette anche di valutare l’impatto del passaggio di grandi navi sulle balene in un’area con la più alta frequenza di traffico marittimo”, spiega Mario Tringali, responsabile scientifico dell’associazione Ketos.
Il progetto si inserisce nel network internazionale che monitora l’intera Regione Marina del Mediterraneo Occidentale servendosi di traghetti di linea tra Francia, Italia e Spagna e permettendo così una visione comprensiva della distribuzione dei cetacei nel Mar Mediterraneo. Al progetto italo-tunisino partecipano anche ISPRA, Fond. CIMA, l’Ass. Atutax (capofila), l’Università di Bizerte e CTN Ferries.
Il progetto prevede anche il monitoraggio sperimentale delle plastiche galleggianti al largo delle Isole Egadi e nel Canale di Sicilia. Le plastiche galleggianti, infatti, possono creare gravi danni sia perché direttamente ingerite da tartarughe ed alcuni cetacei sia perché a seguito della loro frammentazione possono entrare nella catena alimentare marina. Le attività di monitoraggio, partite a gennaio 2014, continueranno fino a dicembre. Solo allora sarà possibile conoscere il report ufficiale dei dati raccolti ma dalle rilevazioni emerse finora si può già affermare che stenelle e tursiopi si siano ben ambientati nel “mare nostrum” nonostante il cospicuo traffico di grandi imbarcazioni, prova ne è la diminuzione del numero di esemplari spiaggiati. “Il progetto – conclude Tringali – oltre a riguardare la formazione e la condivisione dei dati raccolti con i ricercatori tunisini, è anche una dimostrazione di come la conservazione dell’ambiente marino possa avvicinare e far collaborare popoli di diverse sponde del mar Mediterraneo”.
I primi risultati saranno presentati al Convegno di Marine Conservation Biology in Scozia